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Decentramento amministrativo, un’esperienza fallimentare da quasi 50 anni

La nuova Amministrazione cittadina per giustificare gli esosi compensi facoltativi elargiti ai politici dei Municipi continua nella "farsa" ultra quarantennale di promettere deleghe e un’altra riforma per gli istituti di quartiere

Sono trascorsi dodici anni da quando, nel 2013, l’Amministrazione comunale barese, guidata allora da Michele Emiliano, ha riformato le vecchie 9 Circoscrizioni di decentramento comunale, sostituendole con 5 Municipi. La “riforma” di Emiliano – si disse – serviva ad attualizzare e rendere effettivo il decentramento a Bari, che da quando era stato istituito, nel lontano 1981, e fino a quel momento era stato sempre fallimentare, perché agli amministratori delle mini assemblee di quartiere non erano mai stati attribuiti reali poteri di intervento e gestione sui territori di rispettiva competenza. Il nuovo “decentramento” di Emiliano è intervenuto, però, in un quadro ordinamentale degli Enti locali completamente rinnovato e stravolto rispetto a quando la legge n.278 del 1976 aveva reso, per i Comuni superiori a 100mila abitanti, obbligatorio l’istituzione di organi politici di quartiere, per la gestione decentrata di taluni servizi comunali. Infatti, secondo lo “ratio” normativa di detta legge, l’istituzione dei Consigli di Circoscrizione elettivi, che prendevano il posto dei Consigli di quartiere composti da esponenti dei partiti, in base alla rappresentanza conseguita in Consiglio comunale, doveva rispondere a tre criteri fondamentali: a) la necessità di dare risposta a bisogni emergenti di integrazione sociale, soprattutto nelle nuove periferie urbane in formazione; b) la creazioni di canali di partecipazione popolare oltre il sistema dei partiti, come supplemento di legittimazione per il governo democratico della città; c) il miglioramento della efficacia dell’azione amministrativa come contributo alla migliore governabilità complessiva. Con tale spirito, a Bari nel 1979 l’amministrazione Farace, con assessore al ramo Stefano Bianco (Dc), in ottemperanza alla L. 278/’76, individuò 9 Circoscrizioni per il decentramento comunale che, come detto, ebbero avvio in concomitanza al rinnovo del Consiglio comunale del 1981. Tali istituti erano affidatari di funzioni propositive e consultive (sempre “non vincolanti”!) sull’adozione di atti comunali di maggior rilievo in materia di bilancio, programmazione e Paino regolatore nonché degli atti di diretto interesse della popolazione del territorio di competenza e dell’elezione del presidente di Circoscrizione, che sostituiva la vecchia figura del “delegato sindaco” su detti territori, sia in termini di rappresentanza che di funzioni. Successivamente, la legge 142 del 1990 ha aperto alle “Circoscrizioni di decentramento comunale” la possibilità di non essere più solo organi propositivi e consultivi, ma di diventare (se l’Amministrazione comunale centrale lo consente!) anche organi di gestione di servizi di base e di esercizio delle funzioni delegate dal Comune, con la novità più rilevante costituita dalla possibilità nello Statuto comunale di configurare le Circoscrizioni di decentramento amministrativo come organi esterni, per consentire alle stesse di dare immediata efficacia ai propri atti, liberandole da imposizioni tutorie. Sulla base di tale novità, dal 1990 in poi, gli emolumenti erogati ai politici eletti negli organi di decentramento (gettoni di presenza ai consiglieri e indennità mensile di funzione ai presidenti) sono stati progressivamente aumentati, fino ad arrivare a giorni nostri, con gli aumenti riconosciuti nel 2021 dall’ex governo Draghi agli amministratori comunali, a cifre a dir poco scandalose ed ingiustificate per gli amministratori di quartiere, se si considera che in una città come Bari le funzioni di gestione di servizi di base non sono mai state attribuite né alle vecchie nove Circoscrizioni, prima, né agli odierni cinque Municipi, che sono sempre stati relegati ad organi (il più delle volte anche inascoltati!) propositivi e consultivi non vincolanti, ai fini delle decisioni centrali dell’Amministrazione comunale. E, quindi, organi che per cittadini sono del tutto inutili, oltre che ad oggi anche esageratamente costosi per i contribuenti baresi, considerato che, pur essendo da aprile del 2024 facoltativi e modificabili i compensi degli amministratori di quartiere, l’amministrazione Leccese con un provvedimento consigliare dello scorso ottobre ha ammesso i compensi agli amministratori dei 5 Municipi cittadini, temporaneamente sospesi da una norma della legge n. 39 del 25 marzo 2024, ripristinandoli addirittura al massimo consentito, che a Bari per i 5 presidenti ed i 76 consiglieri dei cinque Municipi cittadini – come è ormai noto – sono addirittura superiori a quelli dei sindaci e consiglieri comunali di realtà come Bitonto, Corato, Gravina di Puglia, Molfetta e Monopoli. Ossia di Comuni autonomi con popolazione compresa tra i 45 e 70 mila abitanti. Uno vero “scandalo” senza precedenti, se si considera – per giunta – che i Municipi baresi sono dal punto di vista gestionale delle vere e proprie “scatole vuote”. Allora, si chiedono in molti, ormai, “a che serve mantenere ancora in vita degli istituti privi di reali funzioni gestorie e, per giunta, anche anacronistici sotto l’aspetto amministrativo?” Infatti, anche normativamente gli istituti politici di quartiere dal 2010 non sono più obbligatori per i Comuni in precedenza previsti e quelli che vogliono mantenerli in vita devono avere almeno 300 mila abitanti. Soglia, questa, che in verità è fors’anche troppo bassa, poiché assistiamo al fenomeno che Comuni come Bari, Catania e Firenze, ossia con popolazione di poco superiore ai 300 mila abitanti erogano lauti compensi ai politici eletti negli istituti di quartiere, ma non “erogano” le funzioni gestorie che dovrebbero giustificate tali emolumenti. Ma c’è di più! Lo stravolgimento avvenuto nel 1993 con la legge n.81, che ha introdotto l’elezione diretta dei Primi cittadini ed successivamente i nuovi e rafforzati poteri riconosciuti a questi ultimi, hanno reso del tutto anacronistici e superati gli originari principi di partecipazione ed avvicinamento dei cittadini alla gestione della “Cosa pubblica”, tanto che da quando, nel 2004, a Bari è stato introdotto il sistema di elezione diretta anche per i presidenti degli istituti di decentramento, alcuni dei candidati proposti e, poi, paradossalmente anche eletti per la guida degli istituti di decentramento non sono neppure residenti nel territorio rappresentato a livello decentrato, né sono espressione radicata di tale territorio e, quindi, ad essi anche sconosciuto sotto l’aspetto socio-culturale e storico. E questa a Bari è la prova di cosa siano effettivamente gli odierni 5 Municipi cittadini. Ovvero degli istituti (facoltativi) per il Comune e, per di più, in pieno declino sia sotto l’aspetto amministrativo che funzionale. Nonostante ciò, l’amministrazione Leccese e tutte le forze politiche presenti in Consiglio comunale, ad ottobre scorso, non hanno avuto la dignità e la sensibilità etica e morale almeno di ridurre al minimo i compensi per dei ruoli politici del tutto inutili amministrativamente ed effettivamente inesistenti dal punto di vista funzionale. La prova di ciò? Basta recarsi nelle tre grandi periferie baresi. Ossia a Palese e Santo Spirito, od a Carbonara-Ceglie-Loseto, oppure al quartier San Paolo, per rendersi conto effettivamente si come i residenti hanno in considerazione il Municipio di riferimento. Ma a fronte di tale “sfacelo” politico ed istituzionale, le “caste” politiche cittadine, sia di maggioranza che di opposizione, continuano a far finta di nulla e con sfrontatezza ed in maniera del tutto autoreferenziale, se non addirittura in spregio al buon senso ed alla moralità pubblica, hanno ripristinato il massimo dei compensi per istituti di decentramento farsa, che per una città come Bari andrebbero aboliti. E sarà, forse, perché consci di ciò che a Bari, pur di continuare nell’andazzo e tentare di mascherare lo spreco economico del Comune, si continua a parlare di “rilancio del decentramento” e di “funzioni da affidare” ai Municipi. Quando, invece, nella nostra città – a detta ormai di tanti cittadini – “occorrerebbe porre subito fine ad un’esperienza fallimentare di quasi mezzo secolo ormai”, qual è per l’appunto quella degli organi politici di decentramento, “per un ritorno a forme meno costose per le casse pubbliche e sicuramente più efficienti per i quartieri ed i cittadini ivi residenti”. Discorso, questo, che alla “casta” politica cittadina verosimilmente non piace, perché a pagare gli sprechi dell’Amministrazione comunale sono (e saranno sempre!) i già ultra tartassati contribuenti baresi. “Usque tandem?” (Fino a quando?).

 

Giuseppe Palella

 

“Gettoni” fuori controllo da parte della dirigenza e giudici contabili

 

Periodicamente, seguendo le notizie degli organi di informazione, si torna a parlare del decentramento e relative problematiche nel Comuna di Bari. Si apprende, in particolare, che il Sindaco neo eletto, Vito Leccese, ha messo opportunamente tra i primi punti della sua azione politico/amministrativa proprio il decentramento, chiamando al confronto i cinque Municipi. Tra i cittadini è opinione corrente della inutilità di tali organismi di amministrazione periferica per non disporre essi di alcun potere decisionale, salvo interventi di ordinaria gestione delle poche risorse assegnate per attività culturali, sportive e assistenziali sempre sotto indicazioni e prescrizioni degli organi centrali del Comune. I cittadini residenti non trovano nel Municipio di competenza la risposta adeguata ai servizi di base di cui hanno bisogno. Ovvero manutenzione stradale, delle piazze ed altri luoghi pubblici prevista nel regolamento, ma non applicata! Gestione della segnaletica stradale, sensi di marcia soste e divieti, idem come sopra. Certificazioni, carte d’identità? Bisogna recarsi all’Urp (ndr- Ufficio relazioni con il pubblico) nei giorni consentiti per prenotazioni e poi, dopo un’attesa media di circa 10 giorni, andare negli Uffici delegati indicati per potere sottoscrivere e ritirare l’agognato documento identitario! Un mio amico quasi novantenne ha dovuto recarsi da Carbonara a Torre a Mare per poterla ottenere! Brigata di Polizia locale per gli ingorghi della circolazione, per prevenire disordine e abusi? Anche questa c’è nel Regolamento sul decentramento, ma dei vigili nemmeno l’ombra! Volendo partecipare al dibattito in sede di consuntivo, dopo quasi un decennio dalla istituzione dei cinque Municipi, che fare? Le soluzioni, a modesto parere dello scrivente, sono due: lasciare le cose come sono (sarà verosimilmente questo l’esito dopo l’attale dibattito!) oppure assegnare ai Municipi le competenze solo indicate, però non attuate dal relativo Regolamento approvato con delibera del Consiglio Comunale n.5/2014 successivamente integrato e modificato con delibere del Consiglio Comunale n.22/2014, n.88/2014 e n.63/2023. La sequela di variazioni e/o modificazioni non induca in errore a ritenere un incremento delle competenze assegnate e una particolare attenzione alle periferie amministrate perché, a parte la roboante descrizione delle competenze attribuite (sulla carta!) nulla di effettivo è cambiato. Il vigente articolo 83 del citato Regolamento, dopo una verifica sempre annunciata, ma mai concludente, consentirebbe all’Amministrazione centrale di assegnare ai Municipi le stesse competenze dei Comuni di pari popolazione (e Carbonara/Ceglie/Loseto con Palese/Santo Spirito ne avrebbero pieno titolo!). Però, facendo riserva nello stesso articolo, come nel gioco delle tre carte, si stabilisce “compatibilmente con le leggi finanziarie e le altre normative di settore”!  Ora pare di capire che il Comune di Bari non navighi nell’oro, costretto a cercare fonti di entrata, oltre che con l’aumento delle tasse di competenza, vedi TARI e IMU, anche con l’introito “abusato” delle sanzioni per le violazioni al codice della strada (quasi sempre per sosta vietata!)  e quindi, necessariamente, il vituperato effettivo decentramento finirà col rimanere carta scritta così com’è, con buona pace per la popolazione e i numerosi critici. Quello che si può fare ora, stante anche il controllo governativo sull’attività dell’Ente, è quello di evitare sprechi e condiscendenze allertando il collegio dei Revisori ed evitando l’intervento della Corte dei Conti. Lo spreco, condiviso in sede centrale, riguarda in particolare il cosiddetto “gettonificio” che caratterizza i lavori del Consiglio del Municipio e, in particolare, quello delle Commissioni ordinarie e speciali. Tali organi dovrebbero trattare gli argomenti relativi alle materie nei fatti assegnate, senza strabordare su problematiche non attinenti, perché non di competenza. I presidenti di commissione devono, a norma di regolamento, inviare gli avvisi di convocazione almeno cinque giorni prima della data stabilita per la riunione, allegando gli argomenti all’ordine del giorno e indirizzando tali avvisi anche al Presidente e al Dirigente del Municipio, tenuti – secondo chi scrive – oltre che a quantificare il numero delle presenze dei consiglieri, anche a verificare la competenza degli argomenti a trattarsi che dovrebbero essere, normalmente, relativi a provvedimenti iscritti all’odg  del Consiglio del Municipio. I Consiglieri municipali, come pubblici amministratori, devono rispettare i principi di sana amministrazione voluta dalla Costituzione e devono essere di buon esempio per i cittadini, costretti a sostenerli pagando imposte e tributi.

Giuseppe Anaclero, già dirigente del Comune di Bari

 

 

 


Pubblicato il 19 Febbraio 2025

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