Dei tre Francesco Rossi, uno veniva da Bari
Fra due anni ricorrerà il quattrocentesimo anniversario della nascita di un religioso e compositore barese

Presente in 4572 comuni per un totale di 60487 famiglie (dati Istat 2021), Rossi è il cognome più diffuso in Italia. Il che crea qualche fraintendimento, specie quando ad esso si abbina un nome comune. Anche in passato, quando la popolazione italiana era numericamente ben inferiore, confusioni di questo tipo erano all’ordine del giorno, persino – restando al cognome in questione – se i Rossi rientravano nello stretto novero dei religiosi-compositori. Per esempio nel Seicento furono attivi in Italia tre Francesco Rossi che vestivano l’abito talare e componevano musica, con non poca confusione degli storici. Uno fu attivo a Milano tra i 1568 e il 1669, un altro – vissuto nel Settecento – si distinse per due opere : ‘La ninfa di Apollo’ e ‘L’inganno felice’. Il terzo nacque a Bari il 17 giugno 1627 (si sarebbe spento nella sua città nel 1699). Fu attivo come maestro di cappella a Napoli presso il Conservatorio di Sant’Onofrio a Porta Capuana dal novembre 1669 al febbraio 1672 ; a questo periodo risalgono un oratorio (‘La caduta degli angeli’) e alcune cantate. Nel 1677 fu nominato canonico della Cattedrale di Bari. Negli anni ’80 del XVII secolo si trasferì quindi a Venezia, città dove fece rappresentare almeno tre opere liriche: Il Sejano moderno della Tracia ovvero ‘La caduta dell’ultimo Gran Visir’ (su libretto di Antonio Girapoli, 1686); ‘La Corilda’ ovvero l’amore trionfante della vendetta (su libretto di Paolo Emilio Badi, 1688); ‘La pena degli occhi’ (1688), tutte andate in scena presso il Teatro San Moisè. La sua presenza a Venezia continuò come maestro di coro presso l’Ospedale dei Mendicanti dal 22 luglio 1689 all’8 gennaio 1699 (le rubriche dell’archivio dell’Istituto di Ricovero ed Educazione lo chiamano «reverendo don Francesco Rossi pugliese». Al ‘nostro’ Rossi è attribuita anche (in particolare dal Fétis) una quarta opera, perduta, intitolata ‘Mitrane’ (rappresentata forse al San Moisè o, secondo Franz Stieger, a Treviso) nel 1689 e che deve la sua notorietà a un’aria per contralto in Mi maggiore, tuttora in repertorio, “Ah! rendimi quel core”, che lo stesso Fétis dichiarò di aver estratto dalla partitura del Mitrane per inserirla in un suo concerto del 1833 dedicato alla musica del XVII secolo. Secondo altri autori, tuttavia, l’esistenza stessa dell’opera Mitrane è da ritenersi dubbia, e l’aria “Ah, rendimi” sarebbe di un autore ignoto della seconda metà del Settecento. – Nell’immagine, ‘Concerto’ (conosciuto anche come ‘I Musici’, olio su tela (87,9×115,9 cm) realizzato nel 1597 dal Caravaggio dietro commissione del cardinale Francesco Maria Del Monte ; è conservato nel Metropolitan Museum of Art di New York. Un dettaglio : Il ragazzo che suona il cornetto al centro, sul fondo è un ritratto giovanile del Caravaggio e la somiglianza è abbastanza evidente con altri dipinti coevi in cui il pittore si autoritrae mostrando il volto all’osservatore, come, ad esempio, nel ‘Bacchino malato’.
Italo Interesse
Pubblicato il 17 Giugno 2025