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Di Rella tenta di porre una “toppa” a una marchiana gaffe

Il presedente del consiglio comunale di Bari, Pasquale Di Rella (Pd), dopo la “gaffe” di martedì scorso, quando ha letto in Aula (sia pure su richiesta del consigliere stesso oggetto dell’insulto sessista) il contenuto irriferibile di una scheda annullata della votazione a scrutinio segreto sulla  scelta dei consiglieri per la giuria popolare, ora sta tentando di mettere una “toppa” con l’invito a tutti i colleghi che hanno partecipato al voto (23 su 36) a sottoporsi volontariamente alla perizia calligrafica, al fine di risalire all’autore della sconsiderata frase offensiva nei confronti della consigliera di opposizione Irma Melini del gruppo Misto. Infatti, Di Rella ora, oltre a manifestare la propria disponibilità a sottoporsi spontaneamente a perizia calligrafica, nelle forme e nei modi che la collega Melini e il suo avvocato riterranno opportuni, ha invitato anche “tutti gli altri partecipanti al voto segreto ‘incriminato’ a manifestare identica disponibilità, per giungere, nel più breve tempo possibile, alla identificazione del responsabile del becero insulto ai danni della  consigliera Melini”. Inoltre, il presidente dell’Assemblea cittadina ha rivolto pure “un accorato appello all’autore dell’insulto, affinché si assuma pubblicamente la responsabilità dell’insano gesto e chieda scusa ad Irma, al Consiglio Comunale ed alla Città”. E ciò, ha dichiarato Di Rella, per fare in modo che “la politica, in questo caso,  arrivi assolutamente prima della Magistratura”. “Perché solo così – ha pure sottolineato il presidente dell’Aula consiliare – forse potremmo restituire all’istituzione la dignità perduta”. In effetti, quanto accaduto martedì scorso nell’aula “Dalfino” non è stata solo un’offesa sessista ad un esponente dell’Assemblea comunale, ma è stato soprattutto un oltraggio all’istituzione che rappresenta l’intera comunità cittadina. Ciò non toglie, però, che – a detta di alcuni cittadini – “ad aggravare la portata dell’increscioso episodio hanno contribuito due gravi errori, commessi sicuramente in modo involontario, da chi invece avrebbe dovuto evitare che l’episodio divenisse una sorta di discredito istituzionale – come in realtà sta accadendo agli occhi di molti cittadini – per l’intero consiglio comunale, oltre che per la Città di Bari che da detta Assemblea è amministrata”. Infatti, rilevano gli stessi cittadini, “la consigliera il cui nome era stato riportato sulla scheda seguito da una parolaccia offensiva, quando lo scrutatore Caradonna ha letto ‘Irma’ astenendosi dal leggere il resto, avrebbe dovuto sicuramente evitare di chiedere ed insistere che fosse data lettura integrale di una scheda il cui voto era già stato dichiarato nullo dal presidente Di Rella e confermato dagli scrutatori”. Ma ancor più grossolano è stato – sempre a detta degli stessi obiettori – il comportamento del Presidente del consiglio comunale che a quel punto avrebbe impedire che l’insano comportamento di un anonimo ed irresponsabile esponente dell’Assemblea cittadina divenisse una caso di discredito collettivo. Infatti, secondo questi cittadini, Di Rella avrebbe dovuto invitare la consigliera Melini a prendere visione in privato del contenuto di quella scheda annullata e spiegare all’Aula che la parola non letta da Caradonna era “irriferibile”. Circostanza questa fatta poi confermare dai consiglieri che componevano il seggio e, quindi, dichiarare chiuso il caso. In altri termini, se Melini avesse voluto rendere noto ciò che era riportato su quella scheda a seguire del nome, avrebbe dovuto farlo a suo rischio e responsabilità, consapevole a quel punto, però, che quell’offesa a suo danno sarebbe stata ancor più grave per l’istituzione di cui è parte, oltre che per la città. Invece, così non è andata. Anzi, si è data un’immeritata importanza ad un caso che doveva essere sottaciuto ed immediatamente archiviato, così come è avvenuto in casi analoghi presso altri e più importanti consessi istituzionali. Ed il riferimento è a Camera e Senato, dove qualche volta è pure capitato che durante lo scrutinio di una votazione nominativa segreta vengono fuori schede con insulti, offese o ingiurie nei confronti di qualche alto rappresentante istituzionale, ma il caso si chiude immediatamente con la semplice dichiarazione di nullità di voto per quella scheda. Così, in questi casi, vanno le cose in entrambi i rami del Parlamento. Non così nell’aula “Dalfino” del consiglio comunale di Bari, Dove, invece, un atto sconsiderato di un irresponsabile consigliere comunale che, nascondendosi dietro la segretezza di una votazione, insulta ed offende una collega, trova poi pure chi amplifica enormemente la portata di tale sciocchezza, mettendo a repentaglio la dignità del consesso di cui fa parte. Ed è, forse, per questo che ora è diventato quasi necessario individuare l’autore di quell’offesa segreta deposta nell’urna. Un caso complesso, oltre che non facile da risolvere. Infatti, la diretta interessata, Melini per l’appunto, ha chiesto formalmente al segretario generale, Donato Susca, al presidente Di Rella ed al sindaco Antonio Decaro, di invitare tutti e 23 consiglieri che hanno partecipato al voto di martedì scorso di “rinunciare all’unanimità alla segretezza della votazione”, al fine di procedere in tempi brevi “alla verifica della paternità di ciascuna preferenza espressa, e quindi all’accertamento delle responsabilità inerenti al fatto di vilipendio all’Istituzione del Consiglio comunale e di diffamazione aggravata” a suo danno. Verifica, questa, che dovrebbe avvenire sempre successivamente alla presentazione di una denuncia in sede penale e che il pm incaricato del caso ritenga di dover procedere come richiesto dalla parte lesa. La stessa Melini ha pure diramato una nota di ringraziamento per i colleghi di opposizione Michele Picaro e Fabio Romito, che hanno già accolto l’invito del presidente Di Rella a rinunciare alla segretezza del voto espresso. Analogo  ringraziamento ed apprezzamento da parte della Melini a Di Rella ed al segretario Susca per la collaborazione offerta, affinché si possa risalire celermente al responsabile del fatto. Oltre ad un suo appello al sindaco Decaro “affinché sia la politica e non la magistratura a risolvere internamente questo gravissimo atto”, trovando quanto prima il colpevole, per ripristinare la dignità violata dell’ Istituzione comunale. Ma questo auspicio, forse, è alquanto improbabile a realizzarsi. Come pure non può essere di certo la magistratura a ridare “dignità” ad una politica che è scesa a livelli così infimi, perché la funzione della magistratura è altra. Ossia quella di scoprire reati e rendere giustizia, ma non di certo quello di porre rimedio ad errori o leggerezze amministrative su una politica degenerata. Infatti, ora il rischio da sventare è che un gesto vile di un anonimo consigliere comunale barese e i marchiani errori di gestione di uno scrutinio diventino verosimilmente alibi per politici in vena di protagonismo.

 

Giuseppe Palella


Pubblicato il 17 Novembre 2017

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