Divisi tra “Reddito di dignità” e “richiedenti asilo” in casa propria
Il bilancio di fine anno sui livelli di povertà regionale si chiude decisamente in negativo. Mentre nel 2014, secondo i dati ISTAT, il tasso di povertà tra i pugliesi si aggirava intorno al 20% (contro la media del 25% delle altre regioni meridionali), quest’anno la percentuale di povertà relativa, ovvero la difficoltà nell’acquisto di beni e servizi diffusi nel contesto economico e sociale nel quale vivono i nostri concittadini, è salita al 26%. Ecco che la Puglia si colloca al primo posto come regione più povera d’Italia, seguita solo dalla Calabria e dalla Sicilia, e notevolmente al di sopra della media nazionale sulla soglia di povertà che riguarda circa il 12% della popolazione. Vi sono dei particolari indicatori per valutare il livello di ‘povertà relativa’ stabiliti in base al reddito medio pro capite. Nel caso dell’Italia una famiglia di due persone è ”relativamente povera” se percepisce un reddito mensile di 900 euro. La Puglia, rapportandosi al resto del Mezzogiorno, raggiunge un livello di povertà relativa pari al 46%. Un pugliese su due, quindi, non ha uno standard di vita rapportabile a quello medio nazionale. Questo si ripercuote soprattutto sullo stile di vita dei cittadini che non risparmiano più solo su viaggi e vestiti, ma molte famiglie hanno dovuto ridurre le risorse economiche destinate a beni di prima necessità come l’acquisto di cibo di qualità, spese mediche ed istruzione. Per non parlare dell’aumento delle famiglie pugliesi in emergenza abitativa, quest’ultima collegata all’altissimo tasso di disoccupazione che nel meridione si aggira intorno al 51%. E le Istituzioni cosa fanno? Provano ad arginare il problema proponendo il “Reddito di dignità”: 600 euro al mese destinati alle famiglie sotto la soglia di povertà. Una misura realizzata in gran parte attingendo dal fondo sociale europeo, dai fondi nazionali e dal bilancio regionale ordinario – come ha spiegato in una nota il Presidente della Regione Michele Emiliano – ed ha aggiunto: <<È un patto che coinvolge tutto il nucleo familiare, in cui si mette a disposizione il proprio tempo per svolgere un’attività concreta, che sia di formazione, di riqualificazione professionale o la disponibilità a svolgere mansioni di utilità sociale. In questo momento destinare 70 milioni di euro circa l’anno è un grandissimo sforzo che però consente di ristrutturare tutte le misure che già la Regione Puglia e tutti i Comuni avevano messo in campo in questi anni per superare le situazioni di disagio economico>>. Piuttosto, quei fondi di cui dispone Emiliano per attuare <<”Una cosa di sinistra” che piace anche a chi di sinistra non è>> come da lui stesso dichiarato, sarebbero stati più utili per attuare la ripresa delle attività produttive in Puglia prevedendo maggiori sgravi fiscali così da permettere alle piccole e medie imprese, collassate sotto la pressione fiscale ai massimi storici, di ripartire con le assunzioni e la produzione. Una soluzione di emergenza, quella invece prevista dalla Giunta regionale, che lede in realtà l’etica dei lavoratori e che, secondo la nefasta logica della sinistra, vorrebbe trasformare lo Stato italiano in un ente assistenzialista ‘padre e padrone’, correndo il rischio di minare soprattutto lo spirito delle giovani generazioni che non saranno più motivate nell’ingegnarsi e nell’applicarsi per costruirsi un’esistenza dignitosa al massimo delle proprie possibilità, ma nella maggior parte dei casi si abitueranno ad accontentarsi di un’elemosina in cambio di lavori socialmente utili, gli stessi proposti qualche mese fa dal sindaco di Bari – Antonio Decaro – ai richiedenti asilo del Cara di Palese. Uno scenario inquietante che ci mostra come l’effetto della crisi economica mal gestita, la mancanza di politiche sociali adeguate e la massificazione del livello culturale voluta dalla “Buona scuola” del centro-sinistra possono incidere sulla vita quotidiana di migliaia di persone e sulle coscienze delle generazioni future. Inoltre, in vista delle festività natalizie in cui Bari si prepara ai grandi festeggiamenti, basterebbe recarsi a Villa Roth o nei pressi del ponte adiacente al parcheggio all’ipermercato di viale Pasteur oppure al campo per i senza fissa dimora allestito a due passi dal centro cittadino nelle vicinanze dello Stadio della Vittoria dove la maggior parte degli ospiti sono di nazionalità italiana, per rendersi conto di quanto la povertà accomuni non solo stranieri senza lavoro o senza abitazione come siamo solitamente abituati a pensare, ma anche molti (troppi) cittadini baresi che a causa della disoccupazione, o perché ex detenuti, si ritrovano ad affrontare il problema del reinserimento sociale, che il più delle volte non avviene costringendoli a vivere borderline. Eppure il Sindaco Decaro e l’Assessore al Welfare Bottalico conoscono bene queste situazioni presenti in città ma troppo poco è stato fatto per evitare che delle sistemazioni d’emergenza temporanee diventassero, in realtà, delle soluzioni a lungo termine come testimoniano le condizioni di molti pugliesi presenti nel campo. Ecco che le iniziative di solidarietà tra i cittadini si moltiplicano: dalla raccolta di beni alimentari ed abiti usati da donare alle famiglie più bisognose, alla distribuzione di coperte e pasti caldi ai clochard della città. Ed è soltanto con l’opera quotidiana, minuta e lontana dagli spot e dai riflettori mediatici a cui i nostri politicanti ci hanno abituati in campagna elettorale, che si può fare la differenza nel dare un aiuto concreto e costante a chi può considerarsi un ‘richiedente asilo’ in casa propria.
Maria Giovanna Depalma
Pubblicato il 18 Dicembre 2015