Cultura e Spettacoli

Dobet Gnahoré, Regina d’Africa

Se per ‘presenza scenica’ vogliamo intendere l’arte di catturare il pubblico col giusto mix di azione e gesto e poi tenerlo in pugno con la forza dello sguardo, ebbene Dobet Gnahoré è la Regina d’Africa. La trentatuenne cantante e danzatrice ivoriana è stata la cosa più bella di questa nona edizione della Festa dei Popoli. Per lei in più di mille hanno sfidato il tormentoso vento freddo che tra spruzzi di pioggia sabato sera spazzava il Parco di Punta Perotti. Un sacrificio d’obbligo per i tanti fra i presenti che alcuni anni prima avevano affollato la platea del Teatro Royal in occasione della prima esibizione barese della Gnahoré. Forse eccitata da una dimensione più corale dell’evento, Dobet ha dato vita ad uno spettacolo indimenticabile. Accompagnata dal marito, Coline Laroche de Feline alla chitarra, oltre che da Laurent Rigaud (percussioni) e Nabil Mehrezy (batteria), Dobet ha spaziato per due ore tra ziglibiti ivoriano, canti della tradizione beté, bikoutsi camerunense, hig-live ghanese e melodie mandingue eseguite con accenni di rumba congolese. Queste ultime cose il pezzo forte dell’esibizione, potendo qui la Gnaorè mettere non comuni doti acrobatiche al servizio di una sensibilità culturale di prim’ordine e frutto del patrimonio di famiglia (suo padre, Boni, è un maestro percussionista di Abidjan e componente del gruppo pan africano Ky-Yi Mbock). Un’energia prodigiosa e contagiosa tanto più apprezzabile per il fatto di non aver avuto necessità di raggi laser, fumi, scenografie, maxi schermi e quelle altre diavolerie da live-show con cui tante volte abili ingegneri del suono e light designer riescono a spacciare per prodigi mestieranti non più che onesti. Caldissima la risposta del pubblico tra cui non si sono registrate defezioni per tutta la durata dello show, benché questo si sia spinto a un passo dalla mezzanotte. Resta ora da interrogarsi in quale direzione vorrà in futuro muoversi questo talento. Dopo il disco d’esordio, ‘Ano Neko’ del 2004 e i successivi ‘Na Afriki’ (2007), ‘Djekpa La Lei’ (2010) e ‘Na dre’ (2014), vorrà la Gnahoré rilanciarsi nel solco di un consolidato progetto musico-culturale che le ha guadagnato riconoscimenti e visibilità oppure cercare nuove strade? Da un lato c’è il rischio di ripetersi, dall’altro sono in agguato le incognite di un cambio di rotta che potrebbe deludere i già numerosi fans. Forse la giovane artista della Costa d’Avorio dovrà andare avanti giocando d’equilibrismo, ovvero mantenersi ben salda all’inestimabile tradizione che rappresenta adeguando il modo di proporre la stessa al mutare delle tendenze musicali.

Italo Interesse

 


Pubblicato il 4 Giugno 2014

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