Cultura e Spettacoli

Don Antonio, canonico ideale

Una via di Molfetta è intitolata al Canonico Antonio De Beatis. Quanti molfettesi su cento sanno chi fu quest’altro Carneade della storia di Puglia? Vissuto a cavallo del Cinquecento, il De Beatis, di cui si ignorano le date di nascita e di morte e che di Molfetta era solo originario, essendo stato ordinato sacerdote a Melfi,  fu segretario del cardinal Luigi d’Aragona e, al servizio di quest’ultimo, fece parte della scorta che, nel 1517, accompagnò il d’Aragona in un lunghissimo viaggio nell’Europa centrosettentrionale iniziato a  Ferrara il 9 maggio 1517 e terminato a Roma il 16 marzo dell’anno dopo. Nonostante i numerosi compiti (recitare l’officio divino, preparare la messa a monsignore, o celebrarla in sua vece, scrivere lettere per suo conto) e per quanto gli stessi lo tenessero molto occupato – anche di notte, come egli stesso dichiara – De Beatis trovò comunque tempo di tenere un accurato diario di viaggio. Pubblicata nel 1521, dietro invito dello stesso cardinale, l’opera dedica pagine preziose ai personaggi famosi incontrati (Carlo V. Francesco I, Leonardo da Vinci…), non trascurando accenni alla storia dell’arte, come le statue in costruzione presso Innsbruck ordinate dall’imperatore Massimiliano, gli arazzi commissionati dal papa a Bruxelles e destinati alla cappella Sistina, il cenacolo di S. Maria delle Grazie a Milano, dipinto dal Leonardo…. Animato da una curiosità di carattere universale, attenta non solo agli aspetti più appariscenti ma pure a tutte le caratteristiche di un popolo o di un paese, il De Beatis fa della sua opera un’importante fonte di informazione che la distingue da ogni altro coevo resoconto di viaggio. Il canonico osserva e trascrive con zelo usi e costumi dei popoli visitati, dal modo di cucinare a quelli di vestire, dalle bevande alla struttura delle case, dalla bellezza femminile alla lingua, allo stato delle arti e delle lettere. Molto più scarse sono invece le notizie di carattere politico. De Beatis trascura volutamente di riportare leggende e racconti, poiché si fa scrupolo di essere veritiero, riferendo solo ciò che osserva direttamente o che deriva da fonte autorevole. Lo stile è piatto, spesso esclusivamente cronachistico, anche perché l’Autore si pone sempre in ombra e colloca in primo piano la figura del cardinale. Sintomatico il fatto che l’Autore parli di sé sempre in terza persona (“il segretario aveva una veste nera e bianca…”). Basta tale fulmineo e indiretto accenno autobiografico a disegnare una figura fidata, premurosa e discreta, affatto invadente,  perciò sempre pronta a farsi da parte quando necessario. Il diario di Antonio De beatis è stato pubblicato solo alla fine del Novecento ad opera di L. von Pastor che ne ritrovò a Napoli tre esemplari manoscritti risalenti al 1521. Le ristampe risalgono a tempi più recenti.

Italo Interesse

 


Pubblicato il 6 Novembre 2018

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