‘Donne senza nome’
Nell’estate del 1949, nelle campagne di Alberobello, veniva girato ‘Donne senza nome’, un film diretto da Géza von Radvànyi, un regista e sceneggiatore ungherese che diede il meglio di sé raccontando i guasti della seconda guerra mondiale. Secondo il compianto Vito Attolini “La scelta della cittadina pugliese fu dettata da esigenze di ambientazione reale, tipiche del cinema realista”. E invece la ragione è un’altra : Dall’entrata in vigore delle leggi razziali sino al primo dopoguerra ad Alberobello fu attiva la Casa Rossa. Fu questo il secondo nome assegnato, per via della tinteggiatura, ad una masseria : la Gigante. La Casa Rossa ‘accolse’ prima ebrei, poi internati civili di guerra, quindi criminali di guerra fascisti in attesa di processo. Con la fine del conflitto vi vennero rinchiuse donne straniere di tutta Europa, per lo più profughe, ex collaborazioniste o indesiderate a vario titolo. In una parola, donne ‘scomode’, perciò innominabili, destinate a restare “senza nome”. Ora il film di von Radvànyi fa riferimento proprio alla Casa Rossa di Alberobello, benché Masseria Gigante non sia mai inquadrata. Diciamo ‘riferimento’ poiché nella finzione tutto si svolge in un’anonima baraccopoli avvolta da un recinto di filo spinato. “Un film che a momenti di innegabile efficacia emotiva alterna scene in cui la drammaticità è più voluta e sentita. Di questi squilibri il lavoro risente nel ritmo e quindi nei suoi valori artistici e spettacolari. Generalmente di buon livello l’interpretazione”. (A. Albertazzi, “Intermazzo”, n. 7 del 15/4/1950). La storia è quella di Anna Petrovic, una giovane vedova originaria della Jugoslavia che aspetta un bambino. Non tollerando che il proprio bambino nasca all’interno del Campo, luogo di degrado umano e sofferenza, Anna, con l’aiuto di un dentista e di Yvonne, una francese che è già riuscita a fuggire e che le ha procurato un documento falso, tenta la fuga. Ma al momento dell’evasione viene colta dalle doglie. Le compagne, che nel frattempo hanno organizzato uno spettacolo di varietà, prolungano lo stesso per distrarre l’attenzione delle guardie. Tutto inutile. Appena dà alla luce il bambino, Anna muore. Richiamato dai vagiti del neonato, un brigadiere in servizio al Campo che ha perduto moglie e figlio sotto i bombardamenti, prende in custodia il bambino. Più in là, chiamato a rendere conto del piccolo, mente al suo superiore dichiarando d’essere il padre del bambino. La menzogna gli costa l’impossibilità di fare carriera. In compenso il bambino ha un padre. La parte del brigadiere è interpretata da Gino Cervi, quella di Anna da Valentina Cortese.
Italo Interesse
Pubblicato il 17 Gennaio 2018