Cultura e Spettacoli

Drago marino o ippocampo?

Pesci dalle fattezze veramente insolite, da sempre i cavallucci marini destano curiosità. Creature leggendarie della mitologia greca, essi fanno parte del corteo di Poseidone e sono montati ora da Tritoni, ora da Nereidi. Ciò spiega la rappresentazione dell’ippocampo sin dai tempi più remoti. Una delle più antiche testimonianze viene dai resti di un mosaico pavimentale che, a Canosa, ornava un impianto termale romano di età imperiale. Motivo ricorrente di molti impianti idroterapici dell’antichità, il cavalluccio marino è presente in numerosi siti campani e vesuviani, il cui stile decorativo potrebbe aver influenzato il, successivo, complesso canosino. Il frammento di mosaico in questione (vedi immagine), che presenta al suo interno molte lacune e antichi rappezzi, è composto da tessere bianche e nere di 1,5 – 2 cm e misura m. 3,27 x 3,80. Su una superficie di tessere bianche, percorsa da segmenti di tessere nere disposte su sette file a schematica raffigurazione delle onde, si sviluppa una vasta figura, nella quale altri vogliono vedere differente animale mitologico. Ed eccoci al punto : ippocampo o drago marino? In effetti la fattura del capo e le due inspiegabili protuberanze superiore ed inferiore allontano alquanto dall’idea del cavalluccio marino. Non si dimentichi tuttavia che nella letteratura classica si parla di ‘cavalli’ e non di ‘cavalluci’ marini, ovvero di creature gigantesche, destinate a essere cavalcate e trainare carri. Tanto giustificherebbe alcune libertà, fermo restando che il drago è figura legata più all’iconografia medievale che a quella classica. Torniamo perciò a parlare di ippocampo. La nostra figura, riprodotta in tessere nere, presenta sul corpo alcuni dettagli anatomici resi con file di tessere bianche. Nel frammento è visibile anche la coda di altra creatura marina. La cura puntigliosa del disegno sembra ribadire lo stupore e l’atteggiamento di deferenza dei nostri progenitori nei confronti del cavalluccio marino. Sentimenti che invece latitano nelle moderne e piuttosto algide rappresentazioni dello stesso animale. Il che sembra frutto della sopravvenuta mancanza di confidenza dell’uomo con l’ippocampo. Purtroppo la devastazione dei fondali sta mettendo in crisi la sopravvivenza di una specie una volta comunissima in tutti i mari, ad esclusione di quelli glaciali. Da noi il cavalluccio marino sopravvive solo nella riserva delle Tremiti (per quanto proprio nell’inquinatissimo golfo di Taranto subacquei dilettanti abbiano di recente individuato esemplari del genere ‘guttulatus’). Tempo fa, ascoltando nel porticciolo di Fesca anziani pescatori che nel lamentarsi della decrescente pescosità dei nostri mari adducevano ad esempio la scomparsa di alcune specie, ci rimase impressa una frase : Manghe u cavadde de mare se vede cchiù…

Italo Interesse

 


Pubblicato il 4 Agosto 2017

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