Cronaca

Ecomafia, la Puglia messa male

Legambiente ha presentato gli esiti della sua inchiesta relativa agli eco-reati consumati in Italia nel 2013.  Quanto male ci ha procurato il vedere la Puglia posizionata al quarto posto con 3331 infrazioni accertate (pari al 9,8 % del totale), 3251 denunce, 28 arresti e 1303 sequestri. Sono numeri che fanno paura. Mettono poi addirittura terrore se riconsiderati alla luce del fatto che nel loro insieme rappresentano la punta dell’iceberg. Meglio non provare a immaginare quanti i crimini ambientali realmente consumati e rimasti impuniti a forza di minacce, omertà, e connivenza istituzionale. Volendo restare nei termini della metafora delle montagne di ghiaccio alla deriva, di cui come è noto emerge solo un decimo della massa, per avere un’idea esatta del fenomeno dovremmo moltiplicare le cifre di cui prima per… Numeri inizialmente inquietanti, allora, si fanno ragione di desolazione. Possibile che territorio e tessuto sociale pugliesi siano così ‘sporchi’? E’ possibile sì, dal momento che l’ecomafia è un tipo di economia che non conosce recessione. La sua ‘convenienza’ sta nel basso rischio che questi contravventori delle Legge affrontano ; le pene per i reati ambientali, infatti, sono quasi esclusivamente di tipo contravvenzionale. L’ecomafia è il nuovo eldorado di organizzazioni criminali che, messe da parte sanguinose modalità concorrenziali, hanno scelto di fare sistema e prosperare. Il che significa manifestare “una lungimiranza e una profondità che politici, imprenditori, istituzioni e cittadini non hanno o fanno finta di non avere”. Parole pesantissime quelle di Carlo Lucarelli in prefazione al Rapporto Ecomafia 2013 di Legambiente. Perché ecomafia è un concetto, è punta di un’ideale parentesi graffa che si allarga ad abbracciare una serie di reati ‘ambientali’. I malviventi non si limitano a trafficare in rifiuti, tossici o no che siano. Gestiscono anche altri aspetti del business del territorio come l’abusivismo edilizio o il controllo dell’economia legata all’agricoltura e alla zootecnia. E nel crimine ambientale si fanno rientrare pure gli incendi boschivi che siano mirati, l’attività dei tombaroli… Un ‘pacchetto’ di opportunità che tende ad allargarsi a misura che la criminalità sa cogliere tutte le opportunità che l’eco-affare sviluppa. Per esempio, lo smaltimento dei rifiuti eccita l’idea che può tornare remunerativo scansare il riciclo ai cascami, cioè ai materiali di scarto della produzione in genere. In questo modo i cascami partono alla volta dei paesi del terzo mondo dove alimentano altra ‘oscura’ economia. E così in Corea del Sud finiscono i cascami di gomma, a Hong Kong gli avanzi delle materie plastiche, in Indonesia carta e cartone, in Turchia e India ferro e acciaio…

 

Italo Interesse

 

 


Pubblicato il 14 Giugno 2014

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