Cronaca

Effetto valanga sulla spesa: è deflazione nei campi e nelle stalle

Sembra di tornare indietro di oltre mezzo secolo, quando -ma solo i nonni più anziani lo rammentano …- c’era il contrabbando e la borsa nera e per avere un po’ di pane, c’erano le tessere annonarie e le code infinite. Ormai è la triste realtà dopo che da un mese è cominciata da guerra tra Russia e Ucraina: i prezzi al consumo dei prodotti alimentari e delle bevande aumentano del 4,6% con il rincaro dei beni energetici che si trasferisce sulla filiera agroalimentare e colpisce gli agricoltori. Con gli allevatori, a loro volta, costretti a vendere sottocosto e i consumatori con ben 210mila pugliesi che si trovano in condizioni di povertà. E’ quanto afferma la Coldiretti Puglia, sulla base dell’analisi della forbice dei prezzi della verdura dal campo alla tavola, con coefficienti di ricarico del 525% per il cavolo cappuccio, del 400% per la verza, del 257% per le rape, del 150% per i broccoli e del 100% per i carciofi. E così, se i prezzi per le famiglie corrono, i compensi riconosciuti agli agricoltori e agli allevatori – denuncia Coldiretti regionale – non riescono, neanche a coprire i costi di produzione con il balzo dei beni energetici che si trasferisce infatti a valanga sui bilanci delle imprese agricole costrette a vendere sottocosto anche per effetto di pratiche sleali che scaricano sull’anello più debole della filiera. L’accelerazione dei prezzi dei beni alimentari è dovuta sia a quelli lavorati (+3,1%) che non lavorati (+6,9%) con le tensioni inflazionistiche che si propagano al cosiddetto “carrello della spesa”. In testa alla top ten dei prodotti alimentari che hanno fatto segnare il maggior incremento di prezzi con un balzo del 19% c’è – rileva Coldiretti/Puglia – l’olio di semi come il girasole importato dall’Ucraina che ha dovuto interrompere le spedizioni e si registrano accaparramenti e scaffali vuoti. A seguire sul podio forti rincari fa registrare con un +17% la verdura fresca anche per gli alti costi di riscaldamento delle serre e la pasta (+12%) con la corsa agli acquisti nei supermercati per fare scorte. Aumenti dei prezzi significativi fanno segnare nell’ordine burro (+12%), frutti di mare (+10%), farina (+9%), margarina (+7%), frutta fresca (+7%), pesce fresco (+6%) e carne di pollo (+6%). E il boom delle quotazioni per i prodotti energetici e le materie prime? Beh, inutile dire che tutto si riversa sui costi di produzione del cibo, ma anche su quelli di confezionamento, dalla plastica per i vasetti all’acciaio per i barattoli, dal vetro per i vasetti fino al legno per i pallet da trasporti e alla carta per le etichette dei prodotti che incidono su diverse filiere, dalle confezioni di latte, alle bottiglie per olio, succhi e passate, alle retine per gli agrumi ai barattoli smaltati per i legumi. Il risultato è che, ad esempio, in una bottiglia di passata di pomodoro da 700 ml in vendita mediamente a 1,3 euro oltre la metà del valore (53%) è il margine della distribuzione commerciale con le promozioni, il 18% sono i costi di produzione industriali, il 10% è il costo della bottiglia, l’8% è il valore riconosciuto al pomodoro, il 6% ai trasporti, il 3% al tappo e all’etichetta e il 2% per la pubblicità. Insomma, per ogni euro speso dai consumatori in prodotti alimentari freschi e trasformati appena 15 centesimi vanno in media agli agricoltori, ma se si considerano i soli prodotti trasformati la remunerazione nelle campagne scende addirittura ad appena 6 centesimi, secondo un’analisi Coldiretti su dati Ismea. Per concludere, dall’inizio del conflitto s’è verificato un balzo medio di almeno 1/3 i costi produzione dell’agricoltura a causa degli effetti diretti ed indiretti delle quotazioni energetiche. Nel sistema produttivo agricolo i consumi diretti di energia includono il gasolio per il funzionamento dei trattori, per il riscaldamento delle serre e per il trasporto mentre i consumi indiretti sono quelli che derivano dall’energia necessaria per la produzione di prodotti fitosanitari, fertilizzanti e impiego di materiali come la plastica mentre il comparto alimentare richiede invece ingenti quantità di energia, soprattutto calore ed energia elettrica, per i processi di produzione, trasformazione, conservazione dei prodotti di origine animale e vegetale, funzionamento delle macchine e climatizzazione degli ambienti produttivi e di lavoro. E quel che è peggio, non è detto che dopo la fine della guerra -speriamo tutti imminente – la situazione economica torni subito come prima.

Antonio De Luigi


Pubblicato il 26 Marzo 2022

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