Elettro-bici, la nuova frontiera del pericolo
Sta diventando allarme-bicicletta. Se sale il numero dei pedalatori derubati o, peggio, uccisi da pirati della strada, cresce pure quello dei ciclisti fuori legge. L’assenza di un numero di targa eccita un senso di criminosa leggerezza in questa ritrovata categoria di utenti della strada. Diventa così tentazione suprema andare controsenso, viaggiare senza luci di notte, salire sui marciapiedi, ignorare semafori, precedenze, strisce zebrate… e darsi alla fuga quando la si è fatta grossa (in quest’ultimo caso, se la fuga non è possibile e stante il non obbligo di un contratto di assicurazione, chi paga?). Per non dire della quantità in circolazione di mezzi in condizioni pietose : gomme lisce, freni difettosi, assenza di segnalatore acustico… (tutte cose che le forze dell’ordine disdegnano di controllare imponendo l’alt a un posto di blocco). E i minori che, criminosamente tollerati, scorazzano per la pubblica via? Il popolo dei ciclisti si è fatto più dannoso, poi, con l’introduzione della bici elettrica. Questi mezzi a pedalata assistita, oggi dotati di batterie sempre più miniaturizzate e potenti, consentono velocità una volta impensabili. Silenziosissimi, non preceduti da alcuno scampanellio, dal cigolare di un pedale o dallo stridio di una dinamo, gli elettro-ciclisti piombano come rapaci sul primo varco di quaranta, cinquanta centimetri che si apre nel traffico. Transiti fulminei che, nel migliore di casi, hanno del beffardo a danno di automobilisti e pedoni. Di contro, esistono i ciclisti esemplari. Come tutte le minoranze pagano le colpe di una maggioranza indisciplinata. Chissà perché, sono loro il bersaglio principale dei ladruncoli che alleggeriscono di ruote e sellini le bici posteggiate. Sono loro che devono patire l’oltraggio di piste ciclabili ostruite da auto in sosta o arrangiarsi con un palo della segnaletica per assicurare il proprio mezzo, latitando le rastrelliere o versando in condizioni pessime le poche sopravissute. Perché allora non dovrebbero essere proprio loro a lasciare la pelle sull’asfalto? Giustamente, denunciano quest’ultimo sconcio verniciando di bianco vecchie bici da incatenare per sempre in prossimità del luogo dove uno di loro è ‘caduto’. Ma non c’è pace nemmeno per i morti. Da più di un anno una bici-lapide è ancorata alla ringhiera del ponte di via Ottorino Respighi che, superando il Lamasinata, congiunge San Girolamo a San Cataldo. Da qualche mese quella bici è orfana di una ruota. Mezze tacche della malavita si sono presi la briga di alleggerire quel simbolo di un cerchione. Un pezzo arrugginito che non vale nemmeno il peso, già irrisorio, del metallo. Eppure, alla faccia del buon senso e della dignità, quale folla negli squallidi mercatini della domenica mattina davanti alle bancarelle dove, rigorosamente usati, sono in vendita catene, sellini, parafanghi, campanelli, dinamo, pedali…
Italo Interesse
Pubblicato il 23 Novembre 2016