Elzeviro (sette). Acini di bile
Ci risiamo! Puntuale, come l’influenza, normalmente, presente tra il declinare dell’autunno e la prima parte dell’inverno a infastidire (voce verbale, eufemisticamente, usata) i poveri cristiani (“Perché ‘cristianu’ vale, quasi come sinonimo, uomo; ma uomo che non si conosce e di cui, comunque, si ignora il nome”. L. Sciascia), ecco l’eterea (ci è o ci fa ?), di sabato in prima serata su rai1, antonella clerici a riproporci, stantia, immangiabile, come le nauseabonde pietanze che commissiona ai valletti de ”La prova del cuoco”, in onda, purtroppo quotidianamente, su rai1, l’infornata di canzonette italiettine, interpretate, diciamo, da ragazzini (sottratti da un ente pubblico, come la rai, in continuazione per diverse settimane ai loro ineludibili impegni scolastici. Le autorità scolastiche hanno, forse, fatto la regressione alle tre scimmie che non vedono, non sentono, non parlano ?), quando non da tenerissimi bambini. Subito una dolorosissima considerazione! Sembra una tratta! Di cosa ? Il bergoglio qualche tempo fa ha posto il dito sulla piaga per il vaticano della scarsità di vocazioni, di vite consacrate a indossare il talare sacerdotale o la tonaca monacale da parte dei catecumeni cattolici maschi o femmine europei e, in generale, occidentali. Per ovviare a tanto poco, per NOI Laici Raziocinanti, ovviamente, i “boss” degli ordini e delle famiglie religiose hanno fatto passare per folgorati sulla via di damasco giovani e giovanette del “sud del mondo” (Africa, Asia, America Latina) affamati, diseredati e, quindi, trasportati di peso in occidente a surrogare i loro coetanei occidentali nel collaborare alla conduzione di parrocchie e all’espletamento di altre funzioni ecclesiali, se maschi; se femmine, invece, a dar di ramazza in chiese, conventi, comunità ove sono, diciamo, amorevolmente, ospitate. Ebbene, bergoglio ha chiamato siffatti trafugamenti dai luoghi natii di umana carne: “tratta”; abbiamo buone ragioni per affermare che in tempo s’è fermato sul complemento di specificazione, come il “core”, forse, gli dettava. Anche il bergoglio, pur papa, ha un cuore! A questo punto, i nostri 25 Lettori CI chiederanno la ragione per cui abbiamo associato i giovani asiatici, africani, latino – americani, folgorati sulla via di damasco, agli imberbi che si esibiscono e per molte settimane si esibiranno nel programma televisivo di rai1: ”Ti lascio una canzone”. Dall’invito della clerici ai suoi schiavetti di presentarsi (ciascuno di essi rispondeva, proclamando il proprio nome, cognome, l’età, il luogo di nascita, coincidente con quello di residenza,”dulcis in fundo”), si evinceva che i canterini erano tutti meridionali: campani, pugliesi, basilischi, calabresi, siciliani. Se codesta trasmigrazione non è una ”tratta”, vorremmo sapere cos’essa sia e da quale fenomeno sociale, politico, economico sia determinata. La Verità è che gli sciagurati parenti di codesti ragazzi, alle prese con un’endemica precarietà lavorativa, senza speranze di risoluzione non nell’immediato presente, ”sed etiam” nel futuro prossimo e remoto, scommettono sui loro figli, nei quali qualcuno ha riscontrato barlumi di talento canoro o artistico, per cambiare vita all’interno dell’orticello famigliare. E’ Vero, abbiamo Notato che qualcuno dei ragazzini ha mostrato uno ”spirto vocale”, per dirla con Dante, capacità interpretativa, da cantante lirico, ”in nuce”. Però, è amaro stigamatizzare la sciatteria egoistica di genitori frustrati, intenti a compensare i fallimenti del loro vivere, pescando qualche soddisfazione da una o più ospitate in televisione dei loro figli, presunti talentuosi; l’irresponsabilità, l’egoismo degli autori di “kermesses” musicali in cui si usano ragazzini “necessitosi”, per poter diventare novelli “cigni” del canto, di Studio paziente, sotto la guida di Maestri competenti, non in cerca di remunerati allori, a tempo inopportuno, a spese di innocenti Discepoli, dalla Natura arricchiti di corde vocali, a guisa di “strumenti musicali”. Di “contra”, tutto anticipando, sforzando in maniera inaudita la voce, potrebbero i nipotini della clerici rimanere delusi al palo o, solo per una eccezionale “botta di culo”, tutto andando per il meglio, potrebbero in falsetto ragliare, come tanti cantanti fanno, anche di sesterziato successo. Comunque, ripetiamo, genitori meridionali poveracci! Illusi! Anche se, con il beneficio d’inventario, perdonabili, in quanto non sanno che già, quasi due secoli or sono, Giovanni Verga aveva messo in guardia, catechizzato i destinati ad essere probabili vinti, indicando l’unica strada per opporsi al loro destino ”triste e baro”, quella, cioè, di stare lontani dalla implacabile “selezione sociale” che ha le medesime impietose leggi della “selezione naturale”. Se si vuole, se si ha l’ambizione di staccarsi dallo “scoglio” su cui si è nati, che per la maggior parte dei nativi su di esso è ”patrigno”, saranno, certamente, guai per il 99 % di coloro che vorranno inseguire chimere di veloci successi e ricchezze e snobberanno l’Adagio Calabrese: “Ogn e pic formn asseij” (aggiungendo poco a poco si riesce ad accumulare un capitale), trascrizione di un Concetto di Esiodo che non Tollerava altra Ricchezza se non quella veniente dal lavoro e dal risparmio. Unicamente così, a livello individuale e generale in un paese, in una regione, in un territorio si riesce, dignitosamente, a cambiare vita. Verga nei due suoi Romanzi, appartenenti al “ciclo dei vinti”, “I Malavoglia”, “Mastro don Gesualdo”, dà una Rappresentazione Tragica dell’operare della “selezione sociale”. Per i ”Malavoglia” la ”roba”, la sicurezza sociale, le radici consistono nella barca “Provvidenza” e nella “Casa del Nespolo”. Famiglia, quindi, da dirsi agiata,”tamen”, ad un certo punto della sua storia, commette l’errore di staccarsi dallo “scoglio” e si rovina, come l’ostrica. Non contento dei proventi non esaltanti della pesca con la barca, Bastiano, il figlio maggiore di “patron ‘Ntoni”, il patriarca, compra, indebitandosi, una partita di lupini che carica sulla barca. Sorpreso da una improvvisa tempesta, Bastiano fa naufragio e affonda con la barca e il prezioso, per lui e per la sua famiglia, carico di lupini. In seguito a questa terribile disgrazia, i ”Malavoglia” sono costretti a vendere la “Casa del Nespolo” e gran parte dei componenti la famiglia va alla diaspora: Luca muore, prematuramente in guerra; a ‘Ntoni con il passare degli anni viene meno la voglia di lavorare e, frequentando l’osteria, si mette nei pasticci che gli procurano cinque anni di prigione; Lia finisce a fare, forse, la prostituta a catania. Solo Alessi, lavorando costantemente, duramente, riesce a recuperare la casa avita e con essa il legame con il passato e gli affetti famigliari. Allora, per i cinguettanti pargoli meridionali di “Ti lascio una canzone”, il futuro certo, sebbene impegnativo, sta nell’Imparare un nobile Mestiere o nello Studio “matto e disperatissimo” che Produsse e Produce i Grandi della Politica (non le scartoffie che, attualmente, occupano i ”palazzi” istituzionali italiettini), della Letteratura, della Musica, dell’Arte, della Scienza, della Filosofia, non nel rischiare la “roulette” di una quasi impossibile carriera nei ”rumori leggeri” o calcistica (appetibile ché, senza “fare troppo il mazzo”, si guadagnano tanti soldi, si fa la vita da nababbi, eticamente, riducendosi a mera carne); infatti, di migliaia e migliaia che sperano di essere dalla fortuna baciati, le dita della mano bastano e avanzano per contarli nel falso “eden” delle luci della ribalta e degli stadi. Per contro, nuove generazioni, pronte ad Impossessarsi di buoni Mestieri o di interessanti Competenze professionali, fanno sì che la massa Diventi Popolo di Cittadini, attivi nel farsi Rappresentare da Pari degni di Loro in tutte le Istituzioni democratiche e passivi nell’essere disponibili ad AssumerSi Responsabilità, se votati, di Amministrazione e di Governo della Cosa Pubblica. Da napoli in giù: la terra dei fuochi, la diossina nelle uova, perfino, a taranto e provincia, il dissesto idrogeologico di tutto il meridione, la corruzione mafiosa in tutta la sicilia, calabria, campania. Parafrasando Einstein, il mondo è un inferno, non a causa di coloro che fanno il male, ma a causa di coloro che guardano, senza fare nulla. Costoro sperano soltanto di divellersi, individualmente, dalla loro inopia materiale e dalla malinconica “sconosciutezza” della loro persona (maschera), sperando nei piedi o nelle corde vocali dei loro figli. Pur se respirano diossina o mangiano mozzarelle condite con tutti i metalli cancerogeni sepolti nelle loro terre dai “malamente” che approfittano del menefreghismo per il “Bene e la Salute Comune” degli “incensurati”, delle “persone” cosiddette perbene, affaccendati a versare lacrime di commozione al lancio da parte dei loro figli, in contenitori saturi di corpi dediti all’eterna evasione dai quotidiani problemi reali, di prematuri e, forse, non più ripetibili “do” di petto.”E a nuij ch c n’mporta, tant u stess amma murij!”.
Pietro Aretino, già detto Avena Gaetano
pietroaretino38@alice.it
Pubblicato il 4 Febbraio 2014