Cronaca

Emergenza cinghiali: doppiette? No, grazie

Poco è mancato, tre giorni fa nel coratino, che due persone morissero a causa di un cinghiale  (per evitare un esemplare di questa specie un furgone  è andato a finire contro un’auto che procedeva in direzione opposta : due feriti gravi). E pensare che nella prima metà del Novecento questo animale, ridotto a causa dei cacciatori a pochi esemplari nell’Italia meridionale, era a rischio estinzione. Ma negli ultimi trent’anni lo spopolamento della montagna ha allargato i boschi e restituito habitat al cinghiale. Poi negli anni settanta immissioni a scopo venatorio hanno dato vita ad uno squilibrio divenuto incontrollabile (agevolato anche dalla scarsissima presenza sul territorio italiano di lupi ed orsi, unici predatori nell’originale piramide alimentare al di sopra del cinghiale). Tali immissioni, infatti, sono avvenute con esemplari d’allevamento spesso non appartenenti a specie autoctone e talvolta ibridati con maiali domestici. E’ possibile che ciò abbia condotto ad un aumento della fertilità. Sicché ora si deve fare i conti con una invasione che annualmente procura all’agricoltura europea danni stimati in milioni e milioni di euro (rarissimi i casi di aggressioni ad agricoltori ed escursionisti e tutti riconducibili a comportamenti scorretti o imprudenti dei soggetti coinvolti). I cacciatori si ripropongono in squadre di ‘selecontrollori’, ma l’esperienza dimostra che gli abbattimenti non riescono a ridurre l’impatto negativo di questo ungulato sul territorio. Perché, spiegano gli esperti, la caccia disgrega i branchi e fa venire meno tra le femmine il fenomeno della simultaneità dell’estro. Disponendo così di femmine ‘in estro’ tutto l’anno, i maschi possono accoppiarsi anche nei periodi invernali. Il che di fatto equivale ad un aumento della fertilità della specie. Cosa fare allora, ricorrere ai repellenti chimici o a quelli acustici? Entrambi hanno offerto scarsi risultati. La via preferenziale per contenere i danni da cinghiale sembra passare attraverso iniziative di prevenzione (divieto di allevamento, trasporto, detenzione e immissione) e difese opportune per le colture. E quale la difesa migliore? L’esperienza insegna che le recinzioni elettriche funzionano meglio d’ogni cosa. A condizione però di posizionare le colture maggiormente appetite a distanza di almeno un chilometro dalle aree boschive. Altra cautela utile è foraggiare questa specie in modo dissuasivo, ovvero lasciando in alcuni punti delle aree boschive cumuli di ghiande e di frutti, bacche, tuberi, radici, funghi… I cinghiali sono animali onnivori e come i maiali non disdegnano i cibi avariati. Con gli scarti dei mercati ortofrutticoli è possibile tenerli lontano dalle porzioni di territorio destinate all’agricoltura.

Italo Interesse

 


Pubblicato il 22 Settembre 2016

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