Cronaca

Emiliano annuncia la presenza della minoranza all’assemblea del Pd

Il governatore pugliese, Michele Emiliano (Pd), ha sciolto in anticipo i dubbi sulla partecipazione, o meno, della minoranza anti-renziana interna al Pd all’assemblea del partito fissata in tutta fretta per domenica prossima da parte del presidente nazionale del Pd, il filo renziano Matteo Orfini, che subentrerà al segretario, dopo le previste dimissioni, per la gestione transitoria dei Partito democratico, o di ciò che resterà di esso in caso di scissione, fino al prossimo congresso. Infatti, Emiliano, mentre era in Transatlantico alla Camera, ha dichiarato: “Domenica saremo in assemblea, su questo non c’è dubbio. Stiamo facendo di tutto per tenere unito il partito, ma al leader serve uno sforzo di unità”, precisando che: “Bisogna però capire se proseguire questo percorso di unità della minoranza dentro o fuori”, perché – ha sottolineato Emiliano – “in questo momento i treni sono partiti in senso opposto e le distanze sono siderali”. Poi, il governatore della Puglia, a chi gli 
ha chiesto se ritirerà la sua candidatura a segretario in caso di discesa in campo del ministro della Giustizia, Andrea Orlando, ha risposto seccamente: “Io mi sono candidato, dopodiché i ‘se’ e i ‘ma’ mi permetterà di lasciarli agli osservatori. Io purtroppo o per fortuna sono uno dei giocatori”. Ed è per giocare forse meglio questa partita che, dopo l’esito “deludente” della direzione Pd, Enrico Rossi, Michele Emiliano e Roberto Speranza, tutti e tre già in corsa per disarcionare Renzi dalla del Pd, saranno insieme presenti al Teatro “Vittoria” di Roma, sabato prossimo, ad un’iniziativa già promossa da Rossi, “con l’obiettivo di costruire un’azione politica comune, per rivolgere un appello a tutti i nostri militanti ed attivisti e per impedire una deriva dagli sviluppi irreparabili”. Dichiarazione, quest’ultima, che i tre esponenti della minoranza interna al Pd hanno diffuso a Firenze in modo congiunto e nella quale si afferma pure che l’esito della direzione “ha sancito la trasformazione del Pd nel Partito di Renzi (ndr – anagrammato ironicamente con la sigla Pdr), un partito personale e leaderistico che stravolge l’impianto identitario del Pd e il suo pluralismo”. Infatti, hanno rilevato i tre esponenti anti renziani del Pd, l’ultima direzione nazionale del Pd è stata animata da un dibattito ricco e plurale. Però, hanno inoltre eccepito, le conclusioni del segretario non hanno rappresentato questa ricchezza di posizioni e visioni, che ci caratterizza come la più grande comunità civile e politica del Paese. Nella dichiarazione congiunta, Rossi, Emiliano e Speranza hanno poi fatto pure presente di aver “chiesto un impegno preciso: il sostegno al Governo (ndr – Gentiloni) sino alla sua scadenza naturale, un congresso senza forzature e preceduto da una conferenza programmatica nella quale ritrovare l’unità”. Però, sono  rimasti inascoltati dalla maggioranza ed in particolare dal segretario. “Per questa ragione – hanno spiegato  – sabato mattina, saremo tutti assieme al Teatro Vittoria, con l’obiettivo di costruire un’azione politica 
comune, per rivolgere un appello a tutti i nostri militanti ed attivisti e per impedire una deriva dagli sviluppi irreparabili”.  Infatti, “il Pd – secondo loro – non può smarrire la sua natura di partito del 
centrosinistra, che trova le sue ragioni fondative nel principio dell’uguaglianza e nei valori della Costituzione”. Più esplicito, al riguardo, è stato il governatore pugliese, Emiliano, che nel Transatlantico di Montecitorio ha dichiarato: “Sabato sarà inaugurata una unità di azione che tenta di opporsi alla trasformazione del Pd in un partito personale che crea una mutazione genetica incompatibile con la storia del cattolicesimo democratico, della sinistra, della liberaldemocrazia. Cioè di tutto quello che ha composto la storia dell’Italia progressista”. E, a conferma delle contestazioni rivolte a Renzi, l’ex pm-antimafia della Procura barese ha evidenziato: “Oggi il segretario prima ancora di dimettersi, prima di ancora di aprire la procedura congressuale, prima ancora di conoscere eventualmente le date, ha già fissato l’assemblea del Lingotto per cominciare la campagna elettorale”, commentando: “evidentemente a lui la scissione conviene e la sta scegliendo”. Però, ha rilevato Emiliano, la scissione del Pd “non conviene al Paese”. Ma “, per il governatore pugliese, “se il segretario del partito costruisce le ragioni per espellere una parte consistente del partito stesso è evidente che è difficile convivere nello stesso contenitore politico”. Quindi, a questo punto, è assai probabile che il sogno del 2007 di Romano Prodi e Walter Veltroni di costituire un unico grande contenitore politico dei riformisti e progressisti italiani sia destinato a dissolversi a dieci anni di distanza dalla sua fondazione. Infatti, il collante politico che finora è riuscito a tenere insieme sotto un’unica sigla, il Pd per l’appunto, gli ex diessini e gli ex popolari della Margherita, con il nuovo impianto elettorale a base prettamente proporzionale, ha perso decisamente presa. Perciò, non c’è affatto da sorprendersi se, prima o poi, nelle due principali anime che, dieci anni or sono, hanno fondato il Pd, per mere ragioni di convenienza di ciascuna,  prevalga la logica, sempre valida anche in politica, del “meglio soli che male accompagnati”. Infatti, ora, nel Pd per renziani ed anti si tratterà solo di saper scegliere le giuste compagnie nel partito o fuori di esso. Ma, soprattutto, anche per le prossime elezioni politiche.

 

Giuseppe Palella


Pubblicato il 16 Febbraio 2017

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