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Emiliano gestisce la Regione come se fosse un’azienda privata

La Regione Puglia gestita come se fosse un’azienda privata, dove i doveri di trasparenza, eticità e correttezza non sono un obbligo, ma – come è noto – un optional per chi amministra e per i proprietari titolari dell’impresa. Infatti, dopo le recenti polemiche per alcuni costi opachi della Regione Puglia dovuti alla gestione dell’emergenza sanitaria in corso, quali – ad esempio – gli acquisti senza gara da aziende cinesi di dispositivi di protezione individuale, la realizzazione a Bari, nella Fiera del Levante, di un Ospedale Covid provvisorio il cui costo finale è risultato quasi il doppio di quello stimato, e la costruzione di una fabbrica di proprietà regionale di mascherine protettive i cui costi e vantaggi non sono ancora chiari, ora ci sono anche quelle relative alle nomine fiduciarie facili, che il riconfermato governatore pugliese, Michele Emiliano, dispensa a consiglieri regionali trombati alle scorse elezioni, a politici riciclatisi al suo fianco, a fedelissimi del “cerchio magico” che a lui fa capo e, da ultimo, anche al parente di un noto esponente del Pd pugliese. Ed è questo il caso di Franco Lacarra (fratello di Marco, deputato e segretario regionale del Pd) che, – secondo quanto è dato sapere –  pur non avendo i requisiti per ricoprire il ruolo di componente e vicepresidente del “Comitato regionale per il monitoraggio del sistema economico produttivo e le aree di crisi” (Sepac), sarebbe stato ugualmente rinominato in tale incarico, nonostante lo scorso mese di novembre la Regine Puglia abbia  effettuato un avviso pubblico per dar vita ad un’apposita ‘short list’ dalla quale il presidente Emiliano avrebbe dovuto attingere i componenti del Sepac e Franco Lacarra non compare in detta lista, poiché non sarebbe in possesso del previsto requisito di laurea richiesto in avviso. In altri termini il ‘nominato’ fratello del deputato e responsabile regionale del Pd, Marco Lacarra, avrebbe avuto una corsia diretta e privilegiata, che lo ha riportato sulla poltrona di vicepresidente del Sepac, senza passare, però, dall’apposita ‘short list’ costituita per selezionare l’elenco dei nomi, con i titoli richiesti, da cui poter attingere con trasparenza per la formazione del comitato Sepac. Fatto, quest’ultimo, che, insieme ad altri fatti resi noti recentemente dalle cronache locali, ha determinato una nota del Gruppo di “Fratelli d’Italia” alla Regione in cui si afferma che i tombati e riciclati, nominati le scorse settimane come consiglieri di fiducia di Emiliano per certe materie, appaiono come “verginelli” rispetto ad altre scelte, alquanto discutibili e forsanche scandalose, fatte dal governatore. Infatti, il Gruppo pugliese del partito di Giorgia Meloni nella stessa nota rileva: “oltre ai trombati, ai fedelissimi e ai parenti, esiste un’altra categoria di politici scelti da Emiliano per amministrare la cosa pubblica – vale a dire i soldi dei pugliesi – che messi alla prova come imprenditori hanno fallito”. Ed il riferimento esplicito dei consiglieri pugliesi di Fdi è “sia del direttore generale dell’Arpal, Massimo Cassano – indagato per bancarotta fraudolenta per il fallimento di una società della quale è stato anche lui (insieme ad altri) amministratore unico per sei anni – sia dell’assessore al Personale, Gianni Stea, che in qualità di amministratore di un’azienda di import-export di prodotti ortofrutticoli non ha pagato contributi e tasse allo Stato per oltre 2 milioni e 650mila euro”. Ed allora il dubbio che assale gli esponenti di Fdi nell’aula barese di via Gentile è: “ma due imprenditori che nel privato non sanno gestire le aziende che hanno, sono le persone più idonee ad amministrare la Cosa Pubblica?” Ma più che un “dubbio”, questa sembrerebbe un interrogativo rivolto indirettamente al governatore pugliese, Emiliano, il quale – come si afferma a conclusione della nota di Fdi – già negli anni passati, insieme alla parte politica di cui è espressione, ossia il centrosinistra, avrebbe praticato dello “squallido mercimonio” con le “nomine di loro competenza”. Però, termina la nota del Gruppo pugliese di Fdi, “mai si era scesi a questo livello”. Così infimo, sarebbe forse il caso di aggiungere. A chiedere chiarezza, in merito alla nomina a vicepresidente del Sepac del rag. Franco Lacarra, è anche la pentastellata Antonella Laricchia, che – come è noto – è l’unica dei cinque consiglieri del M5S eletti lo scorso 20 e 21 settembre ad essere rimasta all’opposizione del governo regionale guidato da Emiliano, poiché gli altri suoi quattro colleghi di Gruppo sono da tempo passati in maggioranza ed una di essi, Rosa Barone, – come è pure noto – è addirittura entrata a far parte dell’esecutivo. Laricchia, con una nota, ha preannunciato un’interrogazione indirizzata al presidente Emiliano, “per capire come stanno le cose, anche per rispetto di chi a quel bando aveva partecipato ed è stato regolarmente inserito nella short list in seguito all’avviso pubblicato lo scorso novembre”. Anche Laricchia si è soffermata sul fatto che “l’avviso pubblico di novembre scorso istituiva una ‘short list’ i cui componenti avrebbe dovuto avere come requisito il titolo di laurea, che il rag. Lacarra non possiede, tant’è che non aveva neanche presentato la propria candidatura”, per poi ricordare, inoltre, che “. già nel 2018 avevamo (ndr – gli 8 consiglieri di opposizione del M5S dell’epoca) sollevato dubbi sull’opportunità di affidare allo stesso funzionario, già responsabile del Centro per l’impiego di Bari, l’incarico saltuario nel comitato Sepac da svolgere in orari extra lavorativi”. “All’epoca – ha ricordato ancora Laricchia – il fratello Marco era consigliere regionale in quota maggioranza Emiliano ed era candidato alla Camera”. Con tale interrogazione l’esponente pentastellata rimasta all’opposizione intende “chiarire subito la vicenda pubblicamente, per fugare qualsiasi dubbio sull’opportunità e la legittimità di questa nomina”. Resta, però, da capire se già nel 2018 la vicenda ebbe dei chiarimenti oppure no. Perché se li ebbe e la nomina di Franco Lacarra fu ritenuta legittima, allora la “questione”, ora come allora, sarebbe soltanto di altra natura. Vale a dire, esclusivamente di opportunità ed etica politica. Come, d’altronde, lo sono quella di Cassano a dg dell’Arpal e della presenza di Stea nell’esecutivo regionale. Ma è ormai risaputo che al governatore Emiliano “etica” ed “opportunità” in politica gli interessano ben poco, o nulla.

 

Giuseppe Palella


Pubblicato il 23 Febbraio 2021

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