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Emiliano non fa passi indietro: il Pd e i renziani già si smarcano da una possibile sconfitta

Manca poco più di un mese alla scadenza per la presentazione delle liste per le elezioni regionali del 20 e 21 Settembre ed i “giochi” su eventuali accordi tra Pd ed M5s per candidati governatori unitari nelle sei Regioni (Campania, Liguria, Marche, Puglia, Toscana e Veneto) chiamate al voto non sembrano del tutto tramontate, anche se, per almeno quattro delle sei realtà che andranno al voto, il quadro elettorale dovrebbe essere ormai definitivo. Infatti, le uniche due Regioni su cui potrebbero registrarsi realisticamente ancora delle novità negli assetti delle alleanze sono la Liguria, dove il nome del candidato governatore di centrosinistra che dovrà sfidare l’uscente Giovanni Toti del centrodestra non è stato ancora definito, perciò i margini d’intesa con il M5s sono ancora aperti, e la Toscana, dove il centrosinistra compatto (perché include anche i renziani di Iv) con la candidatura a governatore di Eugenio Giani non dovrebbe aver problemi a riconquistare la guida della Regione, per cui il M5s potrebbe aggiungersi alla cordata per usufruire del premio di maggioranza, ma soprattutto se ottenesse in cambio il nome del candidato governatore in Liguria. Invece, tra le quattro regioni dove “alea iacta est”, ossia i  “giochi” sono ormai fattivi, vi è quasi sicuramente la Puglia. Dove né “Italia Viva” di Matteo Renzi (insieme ad “Azione” Carlo Calenda e “Più Europa” di Emma Bonino e Benedetto Della Vedova), né tantomeno il M5s intendono chiudere un’intesa con il Pd di Nicola Zingaretti per sostenere la riconferma del governatore uscente di centrosinistra, Michele Emiliano. Infatti, in Puglia sia Renzi che il M5s hanno già detto “no” sul nome di Emiliano e, quindi, stanno andando avanti con i rispettivi candidati governatori alternativi al governatore uscente. Vale a dire, il sottosegretario agli esteri Ivan Scalfarotto del governo “Conte 2” per Iv ed Antonella Laricchia per il M5s. Ma nel centrosinistra ad aver perso ogni speranza di accordo in Puglia con Iv di Renzi, per il ritiro della candidatura Scalfarotto, o con il M5s, per un’alleanza anti-Fitto, potrebbero essere anche i vertici nazionali del Pd che, avendo evidentemente registrato da tempo l’indisponibilità di Emiliano ad un passo indietro anche in cambio di una sua nomina nazionale di prestigio nel sottogoverno, stanno facendo cadere nel nulla tutte le azioni di pressing che giungono dal Pd pugliese. E più in particolare dal ministro agli Affari regionali, il biscegliese Francesco Boccia. Infatti, è quest’ultimo l’esponente del Pd pugliese che si sta forse spendendo a Roma più di altri autorevoli Dem locali, come il sindaco di Bari e presidente Anci, Antonio Decaro, ed il segretario regionale, l’on. Marco Lacarra, per tentare di salvaguardare il più possibile l’eventuale riconferma di Emiliano alla guida della Puglia. Ricoferma forse assai difficile qualora né Renzi, né i “5 Stelle” arretrino dalle rispettive posizioni pugliesi. Arretramenti che allo stato dei fatti sul nome di Emiliano appaiono “irreali” per entrambe le forze politiche citate, perché se accadessero Renzi ed il suo ministro pugliese alle Politiche agricole, Teresa Bellanova, rischierebbero verosimilmente di apparire come dei “bleffatori” politici; mentre il M5s pugliese rischierebbe verosimilmente addirittura l’estinzione nelle urne (perché, in caso di alleanza col Pd a trazione Emiliano, il M5s alle regionali potrebbe non raggiungere la soglia del 4%, necessaria per entrare in Consiglio con propri rappresentati), avendo condotto – come è noto – un’opposizione senza esclusioni di colpi politici (anche, e soprattutto, a livello personale) nei i cinque anni di Emiliano a governatore della Puglia. E che i vertici romani del Pd si siano forse di già posizionati “alla finestra” per la situazione pugliese, lo si desumerebbe anche da talune dichiarazioni pilatesche di qualche importante leader del partito, qual è ad esempio il capogruppo a Palazzo Madama, Andrea Marcucci, che, dopo aver avvertito che il tempo per le intese alle Regionali sta per finire, ha fatto presente che le alleanze fatte in extremis sono sempre poco credibili e, come dimostrato lo scorso anno in Umbria, anche elettoralmente scarsamente produttive, se non addirittura controproducenti. Infatti, ha avvertito Marcucci: “Esistono due piani diversi:  uno è quello nazionale, l’altro è quello locale”. “Alle elezioni regionali – ha poi rilevato il capogruppo Pd al Senato – credo che le coalizioni servano se c’è un’intesa forte sul programma”, aggiungendo: “se Pd e M5s trovano una quadra con i loro candidati presidenti è un bene, se non la trovano non cascherà il mondo. La maggioranza parlamentare sta vivendo una fase molto delicata, meglio non aggiungere altre frizioni”. Infatti, in caso di un eccessivo impegno dei vertici nazionali per un’intesa nelle regioni tra Pd ed M5s, si esporrebbe forse anche la maggioranza di governo in caso di sconfitte. Mentre demandando gli accordi solo a livello locale, la maggioranza “giallo-rossa” nazionale sarebbe comunque salvaguardata. Infatti, Marcucci ribadendo che “il Pd è disponibile ad accogliere tutti gli alleati, ovviamente compresi i 5 Stelle” ha pure messo in guardia dal rischio “che le forzature non portino i risultati attesi”. Sui candidati per le Marche e la Puglia, ha poi affermato:  “Accordi dell’ultimo momento rischiano di essere poco credibili, siamo alle porte con la campagna elettorale e credo che non ci sia il tempo necessario per cambiare i programmi che i candidati presidenti hanno già presentato all’elettorato”. Da ultimo (ma sicuramente non per importanza) l’autorevole esponente Dem di Palazzo Madama ha evidenziato: “Non bisogna commettere l’errore di politicizzare troppo le elezioni regionali”. E rispondendo alla domanda se un’eventuale sconfitta dei candidati governatori del centrosinistra alle regionali possa far saltare anche il segretario del Pd, Marcucci ha lapidariamente dichiarato: “vince o perde una proposta locale, non il segretario di un partito” e lo stesso vale per il governo. E se a ciò si aggiungesse che in Puglia la ricandidatura di Emiliano non è frutto del Pd, come è stato più  volte sottolineato e ribadito da autorevoli esponenti pugliesi del partito (vedi Boccia, Decaro e Lacarra), ma delle primarie, allora anche un’eventuale sconfitta non sarebbe da intestare né al Pd nazionale, né tantomeno al Governo “giallo-rosso” in carica.

 

Giuseppe Palella


Pubblicato il 8 Luglio 2020

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