Emiliano si consegna a Renzi, ma non ancora definitivamente
Che cosa si saranno detti il governatore pugliese, Michele Emiliano (Pd), ed il premier, Matteo Renzi (Pd), la scorsa settimana durante l’incontro riservato nella Capitale, considerato che dopo il presidente della Regione Puglia, pur confermando il suo “No” alla riforma costituzionale, ha assicurato il suo disimpegno dalla campagna referendaria in corso? A porsi questo interrogativo, infatti, sono non soltanto alcuni commentatori politici, ma soprattutto molti addetti ai lavori della politica locale ed, in particolare, i seguaci dello stesso Emiliano che fino a qualche giorno fa avrebbero scommesso ad occhi chiusi sulla battaglia del governatore pugliese a favore del “No” almeno nella sua regione. Invece non sarà così, perché è stato lo stesso Emiliano recentemente a comunicare, tramite il proprio profilo su Facebook che si tira fuori dalla battaglia referendaria, scrivendo: “Voto No ma non faccio pressioni su nessuno lasciando libertà a tutti coloro che mi sostengono dentro e fuori il Pd di votare come credono”. Insomma, il governatore pugliese non si contraddice rispetto a quanto affermato precedentemente sulla riforma costituzionale di Renzi e del ministro Maria Elena Boschi, anch’ella del Pd, ma a differenza di altri autorevoli esponenti del partito, come l’ex capogruppo alla Camera Roberto Speranza, l’ex segretario Pierluigi Bersani e l’unico ex comunista divenuto nella seconda Repubblica presidente del Consiglio, Massimo D’Alema, si sfila dalla partita pur precisando, sempre su Facebook, che: “Sono convinto che la Costituzione attuale sia più democratica e garante della volontà popolare e della autonomia di Comuni e Regioni rispetto a quella riformata dal Parlamento che” – a causa dei compromessi parlamentari – “ha cambiato la forma di governo del Paese, che da Repubblica parlamentare diventerebbe una Repubblica presidenziale mascherata”. Infatti, ha rilevato sempre Emiliano sul social network “Questo risultato é inaccettabile”, dichiarando per cui che “Rimango quindi fedele al rispetto del programma del Pd” che “alle ultime elezioni politiche intendeva mettere fine alla stagione della riforme costituzionali varate a colpi di maggioranza”. E “qualunque fosse il risultato del referendum – ha concluso Emiliano nel suo post su Facebook – continuerò a sostenere il Governo (ndr – Renzi) dando sempre priorità agli interessi ed ai diritti della comunità pugliese che mi ha eletto suo presidente”. Come dire, con queste ultime parole, che non è d’accordo con Renzi sulla riforma costituzionale, però per tutelare meglio gli interessi della Puglia e, quindi, non danneggiare eventualmente i diritti di chi lo ha eletto, anziché andare contro il “Sì” nella campagna referendaria si limiterà ad una desistenza. A far cambiare idea sulla conduzione della campagna referendaria in Puglia, secondo qualche bene informato delle vicende interne al Pd locale, sarebbe stato il Primo cittadino di Bari, nonché neo presidente Anci per volontà del premier e capo in pectore dei renziani pugliesi, Antonio Decaro, che da tempo stava tentando di raffreddare i rapporti alquanto tesi e bollenti tra Emiliano e Renzi. Anche se – sempre a detta dello stesso bene informato delle vicende interne al Pd pugliese e nazionale – a facilitare il dialogo tra il governatore pugliese ed il premier, più che l’intermediazione di Decaro, dovrebbe essere stata la sorpresa di oltre Atlantico dello scorso 8 Novembre, dove il repubblicano Donald Trump ha clamorosamente sconfitto, nelle presidenziali americane, la democratica e quasi certa (per “Renzi & C.”) neo presidente degli Usa, Hillary Clinton. Infatti, la sconfitta di Hillary (per la cui campagna elettorale lo scorso mese di Ottobre si è speso Renzi stesso, recandosi negli Usa dal presidente democratico uscente Obama anche per dar manforte insieme a quest’ultimo alla candidatura della Clinton tra gli italiani d’America) ha – sempre a detta del solito bene informato – dato un’accelerata all’avvicinamento tra Renzi ed Emiliano, considerate le ripercussioni che la vittoria statunitense del conservatore Trump quasi sicuramente avrà nell’immediato futuro sulla politica italiana. Ripercussioni che, come è facilmente presumibile, potrebbero addirittura portare alla prossime elezioni politiche nazionali ad un’omologazione di schieramento a quello del nuovo Capo della Casa Bianca e, quindi, con la vittoria anche in Italia di forze politiche che, per lo meno, non hanno tifato così sfacciatamente per la candidata presidente uscita poi sconfitta negli Usa. Di qui la necessità di Renzi di compattare quanto prima almeno il suo partito (e quindi anche con il suo antagonista interno pugliese, Emiliano per l’appunto), per assicurarsi in seguito di rimanere quantomeno in sella alla segreteria nazionale del Pd, oltre che nell’immediato tentare di far vincere il “Sì” per la riforma e mettersi eventualmente il fiore all’occhiello della nuova costituzione con la prossima Amministrazione statunitense. E questo, sempre con la speranza che tale risultato possa fare dimenticare presto al neo-presidente americano il “tifo” da stadio che Renzi ed il suo governo hanno fatto per la rivale di Trump alle recenti presidenziali. Preoccupazioni e paure per il futuro del centrosinistra italiano a trazione Pd che, in realtà, potrebbero aver indotto anche Emiliano a serrare le fila interne al proprio partito ed a smorzare quindi contrasti, toni e rivalità in corso con il premier-segretario. Ma l’altra domanda che si pongono molti addetti a lavori della politica nostrana è: “Cosa possa aver chiesto Emiliano a Renzi in cambio di lasciare i “suoi” liberi da indicazioni di voto al referendum costituzionale?”. E qui le ipotesi che si fanno sono molteplici. Di certo, però, il governatore pugliese dovrebbe aver chiesto al premier, in cambio di un suo ri-allineamento alla corrente renziana ed alle sue politiche, di essere considerato lui il capofila pugliese del premier e non più Decaro, oltre ad aver concordato una serie “poste” politiche future per se ed il gruppo di esponenti pugliesi che rappresenta. “E questo – ha esclamato con ironia il solito bene informato – è il minimo che Emiliano possa aver pattuito per consegnarsi a Renzi!”. Infatti, la decisione del premier di scendere a patti con il governatore pugliese – secondo indiscrezioni provenienti da fonti romane di largo del Nazzareno – è maturata dopo alcune notizie provenienti dalla Puglia che lo hanno informato del fatto che con Emiliano contro nella campagna referendaria per il “Sì” di Decaro ed il segretario pugliese del Pd, Marco Lacarra, i pronostici a favore del “No” schizzavano notevolmente verso l’alto, perché questi ultimi avrebbero potuto fare ben poco per un risultato a favore del “Sì”, per cui occorreva fare almeno un patto di desistenza con Emiliano sulla questione. Cosa per la quale, sempre secondo indiscrezioni romane, il premier avrebbe inviato il fidatissimo Luca Lotti in Puglia a trattare. Ma Emiliano, pare a Lotti alcune settimane or sono abbia dato un messaggio ben preciso da dare a Renzi. Ovvero che lui rifiutava intermediari di sorta e solo un incontro “de visu” con il segretario-premier avrebbe forse potuto sbloccare la situazione. Fin qui indiscrezioni ed ipotesi. Peerò, ora quel che è certo, dopo il ventilato incontro romano della scora settimana tra Emiliano e Renzi, è che Renzi verrà a Bari tra qualche giorno, per una manifestazione referendaria, ed in quella occasione si re-incontrerà ufficialmente con Emiliano, non nel comitato per il “Sì”, ma nella sede del Pd. Quello che non è certo, invece, è se il governatore accompagnerà Renzi in giro per la Puglia e se sarà presente ai suoi discorsi pubblici. Sta di fatto, però, con tale incontro il segnale di Emiliano ai “suoi” per il referendum sarà ben chiaro, come pure per Renzi è ormai ben chiaro chi comanda effettivamente nel Pd pugliese.
Giuseppe Palella
Pubblicato il 16 Novembre 2016