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Emiliano si difende dall’accusa d’incompatibilità, ma non chiarisce

Il Primo cittadino di Bari, Michele Emiliano, risponde con qualche giorno di ritardo all’accusa dell’ex premier Massimo D’Alema, che la scorsa settimana ha rilevato la presunta incompatibilità tra la permanenza in magistratura, sia pur fuori ruolo, e quella di soggetto impegnato organicamente nella vita di un partito politico, il Pd, di cui Emiliano è il presidente in Puglia. Infatti, la risposta, alquanto piccata, del sindaco Emiliano è giunta il giorno dopo lo svolgimento delle primarie, il cui risultato, come è noto, anche in Puglia, ed a Bari in particolare, è stato ampiamente favorevole a Matteo Renzi, sostenuto dallo stesso Emiliano in contrapposizione a D’Alema che invece sosteneva Gianni Cuperlo per la segreteria nazionale del partito. E proprio nell’ambito delle polemiche che hanno preceduto le primarie della scorsa domenica è stato tirato in ballo il “caso” del sindaco di Bari, che pretende di “dare lezioni a tutti” di legalità, quando in realtà lui per primo sarebbe inadempiente a taluni doveri etici e giuridici che incomberebbero anche sui magistrati come lui, in aspettativa per motivi elettorali. Però, Emiliano con una lunga ed articolata missiva contesta l’accusa ed a sua vota ricorda che nel 2007 è stato eletto segretario regionale del Pd e, poi, nel 2009 alla presidenza del partito, senza che nessuno gli abbia mosso rilievi, a cominciare da chi oggi lo accusa di incompatibilità, ma all’epoca lo sostenne nell’assunzione di quelle cariche di partito. Un’accusa che, secondo Emiliano, è stata soltanto “un vano tentativo di cambiare l’esito delle primarie in Puglia che, come nel resto d’Italia, hanno sancito la fine di una classe dirigente”. In realtà il sindaco di Bari, secondo qualche esperto operatore del Diritto, si difende politicamente dall’accusa si incompatibilità contestatagli, ma non entra affatto nel merito della questione sollevata, difendendosi anche con argomentazioni  appropriate, che chiariscano giuridicamente la legittimità della sua posizione di magistrato iscritto ad un partito politico, circostanza per la verità espressamente vietata dalla legge. “Questo caso – dichiara il sindaco nella sua difensiva – ancora non esaminato dal Csm e dalla Corte Costituzionale, non riguarda certo solo me o il Pd, ma tutti i magistrati eletti nelle fila delle forze politiche nel loro rapporto di lavoro con il Ministero della Giustizia”. In realtà, sostengono i bene informati, non è così, sia perché l’inibizione per i magistrati a partecipare all’attività di un partito politico è prevista dalla normativa costituzionale  agli articoli 101 e 104 ed è disciplinata dal Decreto Legislativo 109 del 2006, poi modificato nel testo della L. 269 sempre del 2006. Inoltre, una sentenza del 2009 della Corte costituzionale, la 224, ha stabilito che costituisce illecito per un magistrato non solo l’iscrizione, ma anche la partecipazione sistematica e continuativa, a partiti politici. E continuando, nell’ambito della stessa sentenza, la Corte ha pure sancito che “ accanto al dato formale dell’iscrizione rileva, ed è parimenti precluso ai magistrati, l’organico schieramento con una delle parti politiche in gioco, essendo anch’esso suscettibile, al pari dell’iscrizione, di condizionare l’esercizio indipendente di imparziale delle funzioni e di comprometterne l’immagine”. La Corte costituzionale quindi, a detta degli stessi bene informati, pone a base di tale decisione una equiparazione piena tra l’iscrizione a partiti politici, espressamente vietata dalla legge, e la partecipazione organica ai medesimi. Da non dimenticare, inoltre, che tali divieti – sempre in base alla stessa sentenza costituzionale – si estenderebbero a tutti i magistrati senza eccezione alcuna. E, quindi, anche a coloro che, come Emiliano, non esercitano funzioni giudiziarie, perché in aspettativa elettorale. Alla luce di tali notizie si comprende anche perché lo stesso Emiliano, che forse è sicuramente ben consapevole di arrampicarsi sugli specchi quando tenta di sminuire la portata dei rilievi di incompatibilità a lui contestati, mette le mani avanti e dichiara alla fine della sua difesa di impegnarsi sin d’ora “a chiedere al Csm al termine dell’aspettativa elettorale di essere posto fuori ruolo organico e assegnato ad incarichi non giurisdizionali”. E poi – sempre Emiliano – conclude la lettera sostenendo con una frase ad effetto che: “Nel frattempo continuerò fino all’ultimo a fare il sindaco e a lottare perché Bari non torni indietro”. Però, se ciò che il Primo cittadino sostiene dovesse un giorno rivelarsi giuridicamente illegittimo, allora i baresi potrebbero ritrovarsi con la spiacevole sorpresa di scoprire che la città di Bari con Emiliano sindaco e politico del Pd è andata verosimilmente indietro di parecchio, non solo amministrativamente.     

 

Giuseppe Palella


Pubblicato il 11 Dicembre 2013

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