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Emiliano sotto scacco di renziani e vendoliani per la ricandidatura

Il governatore pugliese, Michele Emiliano, è sottoscacco della componente renziana pugliese del Pd. O meglio, forse, di una parte prevalente di essa. Ma non soltanto di questa, perché ad aver dichiarato “guerra” nel centrosinistra pugliese alla ricandidatura di Emiliano c’è anche l’anima vendoliana della sinistra locale, che probabilmente è anche più pericolosa per il governatore uscente, in quanto i renziani contestatori alla fine potrebbero essere costretti a capitolare, e quindi a rientrare nei ranghi già allineati del Pd pugliese, mentre i vendoliani potrebbero anche decidere di uscire dalla coalizione di centrosinistra e correre da soli o, eventualmente, insieme ad altre sigle dissidenti del centrosinistra tradizionale. E questa è lo scenario che sicuramente più spaventa Emiliano, poiché la legge elettorale delle regionali – come è noto – non prevede il turno di ballottaggio, bensì attribuisce il premio di maggioranza al candidato presidente che nel turno unico prende più voti tra i competitor aspiranti governatori della consultazione. Però, il gioco che gli “anti-Emiliano” del centrosinistra tradizionale stanno mettendo in atto è probabilmente più sottile di quello che si potrebbe immaginare, poiché il primo e forse principale obiettivo degli “anti-Emiliano” del centrosinistra pugliese è al momento quello di logorare il governatore, facendolo innervosire su questioni di “lana” caprina, quali sono verosimilmente quelle riguardanti l’improponibilità come candidato del Pd, la diatriba sulla data di celebrazione delle primarie (entro Novembre o primi mesi del 2020) o la definizione del perimetro della coalizione, che è sicuramente l’argomento più spinoso da affrontare per Emiliano e per chiunque altro si candiderà a governatore nel centrosinistra, ma che è comunque fondamentale in un sistema elettorale come quello accennato, ossia senza ballottaggio. In realtà, la vera partita che i filo-renziani del Pd pugliese ed i filo-vendoliani che “giocano” a sgambettare la ricandidatura di Emiliano alla guida della Regione potrebbe essere altra. Infatti, entrambe le anime irrequiete, se non addirittura contrarie alla riconferma del governatore uscente alla testa del centrosinistra regionale, sanno bene che con il vento nordista che da qualche tempo aleggia forte anche sulla Puglia e con un terzo polo sempre più imprevedibile nel risultato, qual è per l’appunto il M5S, soltanto il trasversalismo di Emiliano potrebbe continuare, forse, a garantire delle possibilità di vittoria al centrosinistra pugliese alle prossime regionali, se quest’ultimo riuscirà a conservare compattezza ed unitarietà di intenti per la vittoria. Diversamente, lo scenario politico pugliese alle prossime regionali si complicherebbe notevolmente, lasciando ampi margini di sorprese per tutti. Stando così i fatti, risulta difficile ipotizzare che renziani e vendoliani “anti-Emiliano” vogliano giocare effettivamente una partita politica “a perdere” nella primavera del 2020 al solo scopo di sgombrare in futuro il campo politico locale dall’ingombrate (e forse non solo ingombrante!) presenza dell’odierno governatore. Allora è possibile e verosimile che il “gioco” politico vero sia ben altro. Ovvero quello di una sottostante partita che mira a condizionare il più possibile Emiliano, minacciando di non volerlo appoggiare nella corsa alla riconferma, se non addirittura ad escluderlo a prescindere come candidato presidente del centrosinistra, ma con l’idea ben chiara di metterlo politicamente all’angolo nella coalizione prima di farlo salire sul ring delle elezioni, al fine di ottenere in anticipo tutto ciò che Emiliano ha invece negato loro nei suoi primi quattro anni di governatorato della Puglia. E ciò che Emiliano ha finora negato agli “effettivi renziani” pugliesi ed ai “vendoliani doc” – come è noto – non sono soltanto le poltrone nell’esecutivo (eccettuate le recenti e tardive avance dettate esclusivamente da ragioni elettorali, vedi assessorato offerto al consigliere Donato Pentasuglia o all’ex eurodeputata Elena Gentile, entrambi del Pd), ma sono soprattutto le tante “pesanti” poltrone di sottogoverno regionale (presidenze di enti strumentali, direzioni generali Asl ed Agenzie, Ad di partecipate, ecc.) che sono poi quelle attraverso cui realmente si gestisce il potere gestionale e di controllo della Regione sul territorio. Un potere, quindi, enorme ai fini anche delle clientele politico-elettorali che Emiliano finora non ha mai messo nelle mani di soggetti che non rispondessero a lui direttamente, lasciando alle singole sigle politiche che lo sostengono, vale a dire ai singoli assessori e consiglieri regionali, soltanto “quisquiglie” (vedi accuse dell’ex assessore all’Agricoltura, Leo Di Gioia, all’atto delle sue prime dimissioni di gennaio scorso). E che lo scontro in atto nel centrosinistra pugliese intorno alla ricandidatura di Emiliano stia ruotando introno a questioni di potere, e quindi al metodo di spartizione di esso troppo accentrato e circoscritto da Emiliano, è un’ipotesi da non sottovalutare affatto. Tanto più se si considera che le importanti nomine di sottogoverno che il governatore pugliese dovrà effettuare nei prossimi mesi sarebbero – secondo attendibili indiscrezioni – più di trecento. E questo non è di certo un dato politico da poco. Né Emiliano può forse pensare di continuare ad avere –  come ha fatto finora – “la botte sempre piena e la consorte ubriaca”.

 

Giuseppe Palella


Pubblicato il 19 Luglio 2019

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