Enea, la ‘pietas’ è nobiltà
L’ultima sfida di Paolo Panaro si chiama Eneide. ‘Il racconto di Enea’ è stato in cartellone alla Vallisa fra gli appuntamenti dell’ennesima stagione de ‘La direzione del racconto’, progetto sul teatro di narrazione a cura del Centro Diaghilev e in corso alla Vallisa. Piuttosto che mettersi nelle mani di un’unica e per forza di cose arbitraria traduzione, Panaro ne mette a confronto diverse. Ricava allora una personale sovra-traduzione che, poi, con passione viscerale riversa in endecasillabi. A sorpresa il lavoro gli consente di sollevarsi a volo d’aquila sull’opera più alta di Virgilio e toccare con mano la capacità che quel poema ha avuto di lasciare il segno nella tradizione della poesia epica. Da ciò arricchito, Panaro infonde nella messinscena un’energia nuova. Nuova non per esuberanza ma per carica umana e percepibile nel rispetto delicato verso la parola del Maestro. Un rispetto che sfiora la venerazione. Paolo Panaro non racconta per intero l’epopea del fuggiasco figlio di Priamo poiché la interrompe all’approdo di una flotta decimata alla foce del biondo Tevere. L’esclusione della parte relativa alla battaglia consente una riflessione più attenta sulla ‘pietas’ di Enea, questa dimensione eroica del senso del dovere e della devozione che qui si coglie in un colore ed un calore prepotentemente intimi. Nel gran lavoro a tavolino di Panaro il testo originale ritrova la sua musicalità. Sicché di più risaltano la parzialità di Dei capricciosi, le suggestioni tenebrose dell’Aldilà e dell’occulto, la vulnerabilità di uomini ridotti a pedine ma dignitosi sino in fondo. Panaro prova a rievocare anche con i riflettori le diverse atmosfere. Mancando un vero e proprio light design vi riesce solo in parte. Ma forse non è tanto una questione di fari, gelatine, inclinazioni e aperture, quanto di qualità della luce. Chissà, integrando i fari con fiaccole e altre primordiali fonti di luce… Applausi per il solito bravo Paolo Panaro. – Intanto l’azione del Centro Diaghilev si allarga al Van Westerhout di Mola, presso cui ha stabilito la propria residenza teatrale. Primo risultato di questa residenza è una stagione di prosa che si annuncia addirittura imponente : Settantadue appuntamenti (tra spettacoli in abbonamento e fuori abbonamento, recite per le scuole, letture sceniche), quarantatre titoli diversi di lavori teatrali e opere letterarie proposti da una ventina di formazioni e compagnie, sessantotto incontri per laboratori e workshop di approfondimento, per complessive 140 giornate di apertura. Si comincia domani con ‘La leggenda del grande inquisitore’ tratto da ‘I fratelli Karamazov’ di Dostoevskij per la regia di Pietro Babina. In scena l’inossidabile Umberto Orsini con Leonardo Capuano.
Italo Interesse
Pubblicato il 10 Dicembre 2013