Era di Trani il Magister Bombardorum
In passato il titolo di ‘bombardiere’ non indicava il soldato preposto al fnzionamento delle bombarde, grosse bocche da fuoco in uso nel Rinascimento, bensì il fabbro ferraio che le costruiva ; lo stesso artigiano curava l’impiego di queste armi, di cui assicurava anche la manutenzione. Di alcuni di questi magister bombardorum è rimasta memoria. E’ il caso di Giuliano da Sangallo, Giuliano Leno, Antonio Rosacroce, Raffaello da Montelupo, Domenico Boninsegna, Marclelo Polonio e di Antonello da Trani. Quest’ultimo nel 1498 era a Napoli al servizio degli Aragonesi ; suo compito era attendere alla fusione e alla manutenzione delle artiglierie di Castelnuovo, compito per il quale riceveva uno stipendio di otto ducati. E’ la prima notizia che si ha di questo professionista delle armi da fuoco, destinato più avanti ad una rapida carriera di ingegnere militare. La fama di Antonello da Trani si deve al perfezionamento che egli realizzò di un’arma per l’epoca innovativa : la mina a ‘cunicolo stretto’. In precedenza, per abbreviare i tempi di assedio si ricorreva alle ‘mine a puntello’, ovvero a larghe escavazioni con armature in trave che sboccavano nella ‘camera di scoppio’, aperta in corrispondenza delle mura di cinta. Ma al momento della detonazione la mina a puntello produceva scarso danno alle fortificazioni poiché lo spostamento d’aria trovava sfogo nell’ampiezza e nell’andamento rettilineo della galleria. Antonello da Trani studiò invece un percorso piuttosto stretto che anziché procedere verticalmente alle mura, ne seguiva il percorso per il tratto il più lungo possibile. L’esplosivo, poi, piuttosto che nel tratto terminale, era distribuito a intervalli regolari per tutta la lunghezza del budello. In questo modo i singoli spostamenti d’aria che andavano a prodursi, contrastandosi a vicenda, trovavano sfogo verso l’alto. Così, a crollare, e di colpo, erano decine di metri di opera difensiva, a tutto vantaggio di incontrastati assalitori. Il suo ‘capolavoro’ fu la ‘espugnazione’ di Castelnuovo (a Napoli) “mercé l’impiego d’una poderosissima mina”. Ovunque apprezzato, Antonello da Trani non faticò a guadagnarsi la generosità dei potenti : Consalvo di Cordova gli concesse, alla fine della campagna “per la ricuperazione del regno di Napoli”, un assegno di 150 ducati annui sugli introiti della dogana di Napoli e poi (18 novembre 1503), una terra a Napoli per edificare una casa. E nel 1510, dopo aver riordinato le difese di Puglia, specialmente in Otranto, il viceré Raimondo di Cardona, con un diploma del 12 luglio 1510, gli concesse vari immobili a Trani tra quelli confiscati ai partigiani di Venezia. Negli ultimi anni di vita tornò spesso in Puglia dove mise a frutto le sue alte competenze in fatto d’ingegneria militare. Dopo aver allargato la cinta muraria di Barletta, nel gennaio del 1521 fu inviato a Molfetta da Fabrizio Pignatelli, priore dell’Ordine gerosolimitano, per imprecisate opere di fortificazione. Mori cinque anni dopo, non si sa dove. Aveva sposato Francesca Pirri da cui ebbe Gian Girolamo che seguì la carriera paterna.
Italo Interesse
Pubblicato il 19 Luglio 2018