Cultura e Spettacoli

Ernest, la sconfitta che brucia

 
Domenica pomeriggio al Traetta era in cartellone ‘Il vecchio e il mare’, una produzione La Luna Nel Letto quest’anno premiata con l’Eolo Awards per la sezione ‘ragazzi e giovani’ e che già avevamo apprezzato a Bari. Di nuovo unanime il consenso della platea per Michelangelo Campanale (regia), Katia Scarimbolo (drammaturgia) e gli interpreti (Bruno Soriato, Robert McNeer e Salvatore Marci). Mentre musiche di Puccini, Verdi e Dvorak ‘attraversavano’ lo spettacolo, il pensiero di Modugno ci ha solcato il pensiero. Durante il periodo ‘siciliano’ della sua produzione, il grande Mimmo compose ‘Lu pisce spada’, la storia straziante di un maschio di pesce spada che si lascia morire al fianco della sua compagna (la “fimminedda”) fiocinata senza speranza. E’ vero, Hemingway parla di ‘marlin’, siccome però il marlin è grosso modo una varietà gigante del pescespada, la sostanza delle cose resta la stessa, sicché le due storie possono essere messe in parallelo. In quella di Modugno la dimensione tipicamente umana dell’amore si allarga al mondo animale, nobilitandolo. In Hemingway, solo Santiago ha questa sensibilità, prima pregando il pesce (cui dà del tu) di ‘mangiare’, poi ringraziandolo d’aver abboccato, quindi scusandosi con la preda se a catturarla è un vecchio per giunta solo, infine difendendo nei limiti del possibile una carcassa da mascelle fameliche. Mentre per l’autore  statunitense il marlin è solo un pesce, al pari degli squali che lo spolpano. In questo diverso accendersi dell’attenzione ci pare di cogliere l’abisso tra mondo latino e mondo non latino. Lo stesso abisso che separa un Modugno da uno Hemingway. Il primo era poeta, uomo solare ed entusiasta. Al contrario l’altro era un tipaccio. Perciò bene fa la Scarimbolo ad immaginarlo ‘esterno’ alla stessa vicenda cui ha dato vita. Per un fenomeno paradossale e ravvicinabile alla schizofrenia, qui Hemingway appare un intruso a sé stesso. Sta lì in scena a blaterare, quasi a reclamare un posto che non gli spetta. E non si accorge, non coglie, non sente l’umanità del pesce, di Santiago, di Manolin (il ragazzo). Quale Musa lo possedette il tempo necessario a stendere quel racconto prima di restituirlo alla sua mediocrità di rissoso beone ? Bravo MacNeer nel rendere l’insolenza patetica di un uomo sopravvalutato (lo scrittore è altra cosa). Così come bravi sono Bruno Soriato e Salvatore Marci. Il primo nel tratteggiare la freschezza, la capacità del ragazzo di sognare, il secondo nell’alleggerire dell’aura epica un figura (quella di Santiago) che resta di statura eroica. In conclusione, non Santiago che non riesce a portare a riva integro il suo marlin, non Manolin che non può a dividere col Vecchio la gloria dei Titani, non un pesce meraviglioso che lotta con tutte le sue forze sono qui gli sconfitti. Il vero perdente è il loro creatore. Guardando le cose su scala cosmica è la stessa magra figura che tutti i giorni e da sempre l’Altissimo rimedia al cospetto della ‘sua’ umanità.
italointeresse@alice.it
 


Pubblicato il 14 Dicembre 2011

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