Cultura e Spettacoli

Essere al mondo. Lo stress

Già di suo complicata, la vita si è fatta inaccettabile alla svolta del terzo millennio. Allora, prematuramente disincantati, i giovani reagiscono e sparano a zero su tutto e tutti, dissacrano, vomitano veleno. Tirano morsi. Ma col fallimento della società globale è rimasto poco da mordere. Sicché i morsi vanno a vuoto. Immagine bellissima, ‘Morsi a vuoto’ è il titolo di un testo di Francesco d’Amore e Luciana Maniaci che gli stessi interpreti, diretti da Filippo Renda, hanno di recente portato in scena al Nuovo Abeliano. ‘Morsi a vuoto’ è la storia di Simona, una ragazza stressata  che, tradita dal fidanzato, ricorre allo strizzacervelli. A risolverle invece i problemi sarà l’incontro con un uomo misterioso ed intrigante, l’unico in grado di regalarle un’emozione finalmente nuova e appagante : la paura di morire… Ma chi è quest’uomo mascherato? Potrebbe essere lo stesso fidanzato, come lo stesso psicoanalista. Entrambi i dubbi hanno ragione di stare in piedi perché questa messinscena della compagnia Maniaci d’Amore sfugge un po’, nel senso che naviga ai limiti del non senso. Il teatro dell’assurdo è qui ben rappresentato e con esiti costantemente comici. Comicità che tocca l’apice quando alla logorrea puntigliosa di Simona si contrappone la goffaggine della figura maschile di turno. Renda imprime varietà all’azione che, salvo episodici cali di tensione, mantiene costante il suo ritmo. Avvolti da musiche indovinate e a contatto con una scenografia essenziale, si muovono con sicurezza e discreta presenza scenica Francesco d’Amore e Luciana Maniaci. – Prossimo appuntamento al Nuovo Abeliano : venerdì 16 gennaio con ‘Waiting to die alone’, un allestimento in prima nazionale della Compagnia I’m teatro IndipendenteMente che vede in scena Virginia de Marchi (testo e regia di Annamaria Di Pinto). Lo spettacolo ha per oggetto la difficoltà tutta contemporanea e tutta femminile di essere sé stessi. Sbirciamo fra le note di regia : “…Lo spettacolo tratta del corpo della donna e della sua frustrazione rispetto al preteso perfezionismo sociale che genera complesse malattie mentali come anoressia e bulimia. Una solitudine che ha origine nei rapporti materni e sfocia nella riscoperta di una identità e unicità perdute. Lo spettacolo si serve del linguaggio del corpo e del testo, è onirico, surreale e poetico ma incredibilmente concreto, commovente, composto. In un mondo che la uccide quotidianamente, la Donna trova la sua grandezza attraverso le sue origini divenendo un essere potente e indistruttibile. Questo, solo dopo essere rimasta finalmente e fieramente da sola. Forse uno spettacolo filosofico e carnale”.

Italo Interesse

 


Pubblicato il 13 Gennaio 2015

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