“Eugenio guardava sempre avanti a sé”
Lunedì prossimo ricorrerà il ventennale della scomparsa di Eugenio D’Attoma, il pioniere del teatro d’avanguardia a Bari e nel Mezzogiorno, l’uomo che ha lasciato un segno pesantissimo nel tessuto sociale e culturale del capoluogo aprendo negli anni sessanta quel Piccolo Teatro di Bari che oggi porta il suo nome. Nato a Molfetta nel 1926, Eugenio D’Attoma dovette svolgere attività diverse lontano dal teatro. Ne aveva necessità per dirottare i risparmi verso la sua unica e ‘contagiosa’ passione : l’arte scenica. “Era un uomo generoso, buono”. Così lo ricorda Nietta Tempesta, sua compagna di vita ed ora tenace prosecutrice dell’attività del marito nella storica sede di Strada Borrelli. “E poi guardava sempre avanti a sé, il futuro lo affascinava. Lavorava ad un progetto e già ne aveva in mente uno nuovo”. – Riesci a immaginare, Nietta, un Eugenio ancora oggi alla guida del Piccolo? – “Posso immaginare che non si sposterebbe di una virgola dalla sua linea di teatro, anche a costo di pagarne il prezzo”. – Cosa vuoi dire? – “Che il povero Eugenio ebbe tante soddisfazioni, ma dovette anche patire parecchie delusioni”. – Insuccessi? – “Quelli no. A danneggiarlo fu più che altro la gelosia di chi lo temeva. Qualche volta lo hanno pure sgambettato. Se solo penso ai tempi di Bari Teatro…” (Bari Teatro, insieme a Teatro Circolare è stata una delle più brillanti iniziative di D’Attoma prima dell’apertura del Piccolo Teatro di Bari – n.d.r.) – Cosa ha perso secondo te il nostro panorama culturale con la scomparsa di Eugenio? – “Un esempio in fatto di creatività, di fantasia e della capacità di fare cose addirittura grandiose con pochissimi mezzi. Eugenio aveva senso pratico, era ingegnoso. Lui non era il tipo da starsene su una sedia a pontificare su come gli attori dovessero muoversi. Lui era capace di rimboccarsi le maniche e mettere mano a scene, costumi, luci, trovare la soluzione, arricchire, inventare, soprattutto quando bisognava sopperire a carenze economiche. I registi di oggi non muovono un dito. E meno che mai lavorano se non dispongono di fondi adeguati”. – Quale il complimento che più vorresti sentirti rivolgere da un Eugenio redivivo? – “Brava, per aver continuato nel mio nome”. – ‘La Sciammerghe’ è stata la prima produzione del Piccolo Teatro dopo la scomparsa di D’Attoma, che di quel testo era l’autore. Cosa rappresenta per te questo allestimento che è prossimo a tagliare il traguardo dei vent’anni? – “Un gesto d’amore. Un lavoro nel quale, per varie ragioni, arrivo a identificarmi personalmente (e molto faticosamente) col personaggio che interpreto”. – Come vedi il futuro del Piccolo Teatro? – “Non lo so. Mi preoccupa l’insensibilità che realizzo intorno a me. Mi auguro almeno resti il ricordo di ciò che ha fatto Eugenio e di ciò che nel mio piccolo sto facendo anch’io. Lo ritengo giusto”.
Italo Interesse
Pubblicato il 6 Maggio 2016