Cronaca

Ex Fibronit: “un altro schiaffo alle associazioni ambientaliste”

Sembrava fatta per la costruzione del sospirato parco al posto della fabbrica della morte a Japigia e invece è arrivato un altro schiaffo per le associazioni ambientaliste dopo la sentenza dei giudici amministrativi baresi che blocca il parco ed il progetto di bonifica della Fibronit. “”Un sonoro schiaffo alla dignità ed all´impegno profuso””, chiosa laconica Elvira Tarsitano, presidente della Consulta dell´Ambiente del Comune di Bari. E´ passato più di un decennio da quando gli ambientalisti con forza e determinazione impugnavano la delibera n.1024 del 16 luglio 1999 della giunta comunale barese guidata da di Cagno, che aveva per oggetto una proposta di Prusst sull´area Fibronit in cui erano previste opere edilizie con utilizzo di fondi pubblici. Le associazioni, invece chiedevano il vincolo di inedificabilità ed il mutamento di destinazione a verde pubblico, sostanzialmente un parco e che chi aveva inquinato dovesse pagare. Negli ultimi anni, il lavoro della giunta comunale barese e della Regione Puglia, spiega ancora la Tarsitano, aveva allontanato questo spettro, grazie alla previsione della bonifica dell´area (già iniziata da alcuni anni) e la realizzazione di un parco. Oggi, esattamente a distanza di ben dodici anni, in una calda mattina di luglio, il fantasma riappare. Avanti, si ricomincia, cercando di tenere sempre lontano il mostro dell´amianto, cercando di arrivare al capolinea nella travagliata vicenda dell’ex fabbrica della morte, partendo da quando -non più d’un anno fa- veniva finalmente presentato il progetto definitivo per la messa in sicurezza permanente e definitiva di quella che può essere considerata la più grave catastrofe ambientale della città di Bari. Fino a venticinque anni fa, come oramai sanno tutti, la fabbrica all’incrocio di San Pasquale, Japigia e Madonnella, produceva elementi per l’edilizia in amianto, soprattutto eternit, e le polveri tossiche sprigionate dai materiali venivano quotidianamente inspirate da centinaia di lavoratori e migliaia persone residenti nella zona limitrofa alla fabbrica di via Caldarola, con la logica conseguenza di un aumento esponenziale di casi di tumore, nella fattispecie di mesotelioma pleurico, che continua a mietere vittime. “I numeri della tragedia rendono il progetto qualcosa che restituisce alla città e ai cittadini la propria dignità”, ricorda il sindaco Michele Emiliano prima di vedere bloccato tutto proprio dai suoi ex colleghi del Tar Puglia. Eppure l’area dell’ex fabbrica è inserita nell’elenco dei siti inquinati di interesse nazionale contaminato dalla presenza di amianto e perciò acquista ancora più valore il progetto di riqualificazione deciso dal Comune di Bari giunto e approvato un paio di mesi fa dal Ministero dell’Ambiente. Dall’ultimo campionamento degli edifici è emersa la presenza di amianto sia nell’intonaco che nell’impasto di cemento dunque tutti gli undici capannoni verranno isolati all’interno di particolari tensostrutture e demoliti uno per volta. Le macerie saranno frantumate, insaccate e sepolte sotto una collinetta artificiale, adeguatamente resa impermeabile e messa in sicurezza. Per la realizzazione dell’intera opera i tempi previsti sono lunghi, la stima iniziale è di  due anni e mezzo, mentre il costo complessivo ammonta a poco meno di 11 milioni di euro. Quando tutto sarà concluso e si potrà tornare a camminare sull’area Fibronit, al posto della fabbrica dei veleni ci sarà un parco, il cui piano di fattibilità è già stato approvato, fortemente voluto dall’Associazione Esposti all’Amianto e dedicato proprio alle tante vittime che negli ultimi anni hanno perso la vita. “”Non ci saranno fantasmi che tengano, la fibronit non può che essere un parco””, si augura senza tentennamenti il presidente della Consulta all’Ambiente.
Antonio De Luigi
 
 
 
 
 
 


Pubblicato il 29 Luglio 2011

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