Cultura e Spettacoli

Fanfulla da Lodi e i tredici cavalieri della Disfida di Barletta

A Lecce a metà strada fra il Duomo e il Castello, si apre una piazzetta intitolata a Raimondello Orsini. Su un piedistallo vi si può ammirare una scultura in bronzo ad opera di Antonio Bortone che rappresenta Fanfulla da Lodi (vedi immagine). Celebre soldato di ventura vissuto a cavallo del Cinquecento, Fanfulla venne alla luce 544 anni fa in una imprecisata località del Lodigiano. L’incertezza sul luogo di nascita è una delle tante che dividono gli studiosi. Persino sul nome di battesimo gli storici sono divisi: Giovanni Bartolomeo o Bartolomeo Giovenale Giovanni? Le incertezze accompagnano questa figura anche a proposito della sua morte : C’è chi lo vuole caduto nella battaglia di Marciano nel 1554 ; altri sostengono sia caduto sul campo a Pavia in occasione dello scontro del 24 febbraio 1525 ; secondo la cronaca di Fabio Vecchioni, Fanfulla sarebbe scomparso nel 1525 nella pianura di Terracina… Su un solo punto gli studiosi concordano: Fanfulla fu tra i tredici cavalieri che il 13 febbraio 1503 sconfissero altrettanti francesi nella Disfida di Barletta. La fama di Fanfulla però è legata soprattutto ad una canzone goliardica che ebbe larghissimo successo nella prima metà del Novecento. La canzone di Fanfulla’ narra delle disavventure erotiche del cavaliere lodigiano: Intrigato “da una donna di facile amor”, Fanfulla, benché “nuovo ai certami d’amor”, dispone alla tenzone la “casta alabarda”. Si fa subito onore. “E cavalca, cavalca, cavalca, alla fine Fanfulla s’accascia”. A questo punto la donnaccia pretende il suo: “Cento scudi”. Il fiero cavaliere giudica il prezzo iniquo e se ne va sganciando solo venti scudi. Ma l’indomani ecco la novità: Fanfulla non sa spiegarsi “questo male novello” che lo ha colpito nel punto più delicato. Il responso del “famoso dottorone” sollecitamente consultato non lascia speranze: amputare ! Così, “di Fanfulla l’uccello reciso” viene esposto alla pietà di “mille vergini” le quali – cantando – “fanno a gara” a rimproverare all’incauto il mancato uso del “guanto”. L’ultima strofa è passata alla storia per l’esplicito richiamo ad una normativa sconosciuta alla Giurisprudenza ma di vasta e remota applicazione : “La morale di questa vicenda / si riduce alla legge del menga / chi l’ha preso nel cul se lo tenga…”. La canzone di Fanfulla è un estratto de ‘Il processo di Sculacciabuchi’, poema goliardico composto verso la fine del XIX secolo, probabilmente in Toscana. L’autore è anonimo, anche se l’opera è stata attribuita a Giovanni Rosadi, all’epoca studente a Bologna, poi penalista e in seguito parlamentare. Il processo vede sul banco degli imputati un prete pedofilo, tale Don Sculacciabuchi di San Rocco, reo d’aver sodomizzato un fanciullo. L’esito del processo è irritante: Il prete la fa franca nel nome della brutta legge di cui sopra.

 

Italo Interesse

 


Pubblicato il 1 Settembre 2021

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