Cultura e Spettacoli

Farinelli, il fenomeno

Con la pubertà la voce dei maschi si scurisce. Ciò, nel periodo in cui la Chiesa proibiva alle donne di stare in scena, tornava a danno del teatro del bel canto. Specialmente nel Settecento il diffondersi dei cori polifonici aumentò fra autori e impresari la domanda di voci bianchi. L’unica (crudele) soluzione era castrare quei fanciulli fra gli otto e dieci anni che manifestavano singolari capacità vocali. Si calcola che nel XVIII secolo in Europa si evirassero circa 4mila ragazzi all’anno. Il più celebre castrato della storia fu Carlo Maria Michelangelo Nicola Broschi, detto Farinelli. Era nato ad Andria nel 1705, morì a Bologna il 16 settembre 1782, cioè 232 anni fa. Nato da una famiglia agiata, fu avviato alla musica dal padre insieme al fratello Riccardo. Fu quest’ultimo, alla morte del padre, a far sottoporre il fratello alla castrazione. Mandato a Napoli per studiare, Farinelli mise subito in luce il suo straordinario talento. “Nella sua voce si trovavano riunite la forza, la dolcezza e l’estensione, e nel suo stile la tenerezza, la grazia e l’agilità” (Charles Burney, ‘Viaggio musicale in Italia’)”. Altre fonti parlano di estensione vocale “fenomenale”, di virtuosismo “trascendentale” e di “eccezionale” capacità di tenuta dei fiati. A quest’ultimo proposito è rimasta celebre la sfida tra Farinelli e un trombettista tedesco avvenuta a Roma nel 1722. Ancora Bruney : “Dopo che ognuno, separatamente, ebbe emessa una nota per dar prova della forza dei propri polmoni tentando di superare il rivale in vivacità e in potenza, eseguirono insieme un crescendo ed un trillo a distanza di una terza e lo sostennero a lungo mentre il pubblico ne attendeva ansiosamente la fine poiché entrambi sembravano esausti; e infatti il suonatore di tromba, sfinito, cedette”. Nel 1737, su invito della Regina Isabella, cantò per Filippo V di Spagna, il quale soffrendo di nevrastenia e malinconia aveva abbandonato la vita pubblica, disinteressandosi degli affari di Stato e manifestando segni di follia. La voce di Farinelli ebbe un effetto straordinario. Filippo V non volle più separarsi dal cantante, che ‘assunse’ come un farmaco. La ‘terapia’ quotidiana consisteva nel far cantare il castrato sempre le stesse otto o nove arie, di cui la prima, ‘Pallido il sole’ dall’Artaserse di Johann Adolf Hasse, veniva eseguita da una stanza lontana da quella del sovrano. Le altre arie venivano eseguite da stanze via via più vicine. L’ultima era cantata dietro la porta della stanza del sovrano. Alla fine il  sofferente Filippo accettò di farsi lavare e radere. Nominato Cavaliere di Calavatra, Farinelli finì con l’esercitare a corte e persino in politica una notevole influenza (incoraggiò i primi lavori di bonifica delle rive del Tago, divenne Direttore dell’Opera di Madrid e degli spettacoli reali, fece istituire un teatro d’opera italiana). Conservò questa posizione di rilievo fino all’avvento di Carlo III, il quale, probabilmente a causa dell’eccessiva influenza del cantante, lo allontanò nel 1759. Farinelli si ritirò allora a Bologna, dove terminò la sua esistenza nella sontuosa villa che aveva fatto costruire in vista del suo ritiro.

Italo Interesse

 

 


Pubblicato il 16 Settembre 2015

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