“Fatta la cernita si restò con più ordine e tranquillità”
I fautori della neonata Italia, giustificarono la feroce repressione di quel fenomeno sbrigativamente bollato come ‘brigantaggio politico’ con la necessità di stroncare l’azione di gente sanguinaria. Effettivamente fra i soldati liberatori che, un po’ goffamente, si organizzarono per cercare di cacciare i Piemontesi dal Mezzogiorno e reinsediare il detronizzato Borbone, si mischiarono non pochi delinquenti comuni. Son cose, queste, però che non devono destare meraviglia giacché, quando ci sono di mezzo malcontento, carovita, insurrezioni e in generale quando c’è da menar le mani i mascalzoni fanno presto a ficcarsi. Ne seppero qualcosa anche i Garibaldini, che a loro volta per una distorta visione delle cose si sentivano soldati liberatori di un popolo che, in verità, non aveva mai chiesto d’essere liberato e tanto meno annesso ad altro (ed egemone ) popolo. Alla vigilia della terza guerra d’indipendenza, per coordinare la mole di volontari garibaldini fu organizzato a Bari un Ufficio di Coordinamento per il Meridione. Sopraffatta dell’entità della risposta a questa chiamata alle armi l’Autorità dovette istituire pure Centri di Raccolta a Molfetta e Terlizzi. Ma insieme a migliaia di idealisti, ecco una miriade di “mediocri, avventurieri e malfattori che varie volte furono estromessi”. Nel suo ‘Un amico di Garibaldi : Eliodoro Spech, cantante patriota e soldato’ (Inprinting 2011), Marco Ignazio De Santis riporta un passo di un intervento di Francesco Saverio Vista sulla Rassegna Pugliese del 1912 : A Barletta un giorno venne da Bari il Generale Della Chiesa, Comandante per la provincia, con un battaglione di bersaglieri e a Piazza Castello furono riunite le compagnie lì di stanza coi loro ufficiali. Con l’aiuto di questi e di sottoufficiali “già edotti del personale” vennero escluse parecchie centinaia di volontari che, “presi in mezzo dai bersaglieri”, furono condotti subito alla stazione, imbarcati su un treno straordinario e già approntato e fatti immediatamente partire. “Lo stesso lavoro di cernita” fu eseguito a Trani, Andria, Corato, Bisceglie, Terlizzi, Ruvo e Bari “e allora si restò con più ordine e tranquillità”. Ma in quali condizioni i Volontari dovettero partire. Racconterà più tardi Paolo Valera che, quanto alle divise, a parte pochi, “gli altri parevan ladri scappati di prigione… era uno spettacolo. I fucili erano fuciloni. Pesavano, lasciavano i solchi sulle spalle… Ci hanno vestito come hanno potuto. Alle gambe lunghe sono toccati calzoni corti, alle gambe corte i calzoni lunghi. Lo scambio è avvenuto tra noi. Ma non sempre si è potuto trovare gli adattamenti… Le scarpe erano fatte da cane. Pelli dure, pelli arcidure, pesanti, costellate di chiodi. A molti piagavano i piedi”.
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Pubblicato il 14 Settembre 2011