Cultura e Spettacoli

Fatti commentati a braccio

Ilda boccassini, procuratora aggiunta di milano, ex rossa (così l’hanno definita alcuni giornalisti, ché dopo un trentennio ha cambiato taglio e colore dei capelli; da rossa, infatti, è diventata bionda, con quale orrore a vedersi, lasciamo immaginare i nostri 25 Lettori. Ma, forse, quell’aggettivazione potrebbe sottintendere l’ipotesi giornalistica del distanziarsi della magistrata d’assalto dalle presunte “toghe rosse” per alcune considerazioni, riflessioni sui comportamenti inquisitori di alcuni pubblici ministeri che, secondo lei, fanno, pur, parte di una istituzione, la magistratura, dal “corpo sano” in un paese a basso tasso di legalità), ha parlato, venerdì 13 settembre, a milano, in occasione della presentazione del libro “L’onere della toga” di lionello mancini. “Si è – ha lamentato l’ilda – verificato, ed è inaccettabile, che alcune indagini sono servite ad altro per gli stessi magistrati, in quanto alcuni si sono sentiti  portatori di verità assolute grazie al ‘consenso sociale’, cosa terribile ché a muoverli non deve essere l’approvazione” (del popolo bue, Aggiungiamo NOI) e tanto meno ”una carica moralistica che non deve appartenere alla magistratura”, ha proclamato giuseppe pignatone, procuratore capo di roma. Quindi, papale, papale, latinamente, i due magistrati hanno ammesso che, non di rado, se non “saepe”, alcuni p.m. si sono mossi a far tintinnare le manette senza prove certe, ché quel sordido rumore sarebbe servito a dare loro nazionale, quando non internazionale, visibilità e, con la visibilità, avanzamento di carriera; un maggior numero di copie vendute di libri, se dismessa la toga, si fossero riciclati in scrittorucoli; carriera politica facilitata nelle diverse assemblee in cui si va a riscaldare uno scranno, riccamente, oblato. Pignatone ha insistito sulla parola “equilibrio” che ferma il p.m. nell’emettere mandati di cattura o nel chiedere il rinvio a giudizio, quando le prove non ci sono, sia “per partire e andare sino in fondo quando le prove ci sono”. “Equilibrio” che deve ispirare,”etiam”, gli operatori dell’informazione che non devono dare notizie che mettano “in pericolo la vita di una persona”. Equilibrio, prove certe, la Legge, il Rispetto della Legge deve essere il motore che fa avviare un’indagine penale; il Magistrato che Indaga e S’Appassiona al suo delicato Lavoro per Fini non eteronomi all’Etica, alla Deontologia del Mandato ricevuto dalla Comunità di appartenenza che, tra l’altro, lo Ricompensa Fiduciosa nella di Lui Scienza e Coscienza; Equilibrio da parte dei Giornalisti che devono Onorare il Diritto dei loro Lettori di essere Informati e il Dovere di Informare senza trasformarSi in giornalai  ansiosi di vendere notizie incerte pubblicate su giornali che  assicurino loro una mensile mercede. Tanto, però, non viene Raccontato in alcune pagine (trovate, per caso, in una mansarda – deposito di roba di scarto), “compilation” di fatti avvenuti nelll’italietta , a partire dal 1978 e dintorni, ma non di più dei dintorni, anno della promulgazione della “Legge 194” che, sottraendo alle mammare e a ginecologi delinquenti gravidanze indesiderate o che mettevano, mettono in pericolo la vita delle femmine incinte, regolava, regola i casi di possibilità di aborto che dovevano, devono essere fatti non oltre un certo tempo dall’inizio dello sviluppo delle cellule inseminate, in strutture pubbliche all’uopo attrezzate e da medici non obiettori di coscienza. Siffatta Legge prevedeva, prevede pene consistenti per gli aborti clandestini messi in opra dalle citate mammare, da medici furfanti, pene, poi, incentivate nella loro durezza per i medici obiettori di coscienza, se fosse stata o si provasse che il loro fermo, moralistico, cattolicissimo rifiuto di operare aborti negli ospedali nascondesse o nasconda il fine di avere clienti decise ad abortire nei loro ambulatori in tempi brevi o brevissimi. Le pagine con chiari e sobri tocchi descrivono l’atmosfera di libidinosa attesa nelle varie procure dell’italietta, da parte dei sostituti procuratori di essere i primi, per quella brama di visibilità di cui, dianzi, abbiamo Fatto Cenno, a sorprendere con le mani nell’utero di femmine gravide qualche mammara o qualche medico intenti a interrompere un accenno o più che un accenno di figliolanza in esse. Ad ancona fu accusata d’essere invischiata in tali affari clandestini e illegali una ginecologa e, immantinente, relegata “in carceribus”. Altrettanto, immantinente, per l’enfasi con cui s’era discussa ed approvata la “194” e per le reazioni da bestia sconfitta del clericalume curiale romano, la già, per la procura anconetana, colpevole, senza o prima del processo, fu preda dell’insensata voracità dei media cartacei e catodici e il magistrato scopritore delle “mani nel sacco” ebbe qualche giorno di “cittadinanza” su di essi, avesse, quasi, debellato tutte le mafie dello stivale, ammesso che la presunta “feticida”, tale fosse stata oltre ogni ragionevole dubbio. Comunque, mentre per la ginecologa anconetana, le pagine non si effondono “in dubio pro reo”, nel caso di un ginecologo, del quale esse non si preoccupano di metterci a parte del suo luogo di nascita, né da quali lombi generato e, tanto meno, ci descrivono il volto del suo persecutore togato, sono sicure della sua Innocenza, per le Ragioni che dopo Diremo. Ebbene, il ginecologo, tra l’altro non obiettore di coscienza,”sed”, giammai, convocato da alcun ospedale o pubblica struttura che, ligi e secondi dei “viateddi  (dei bigotti) prelatizzati, interessati a far fallire la “194”, anche se il fallimento di essa avrebbe comportato l’arricchimento delle mammare e dei medici fraudolenti,  aveva acquistato dagli “states” un apparecchio capace di aspirare dall’utero mestruato di una femmina tutto ciò che avrebbe comportato la sospensione dell’attività sessuale di essa e, quindi, in grado di ridarla alla sua normale completezza esistenziale. Ma siffatto apparecchio era in grado di produrre, “tout court”, un aborto! Il ginecologo aveva un’assistente, a sua volta, madre di una figlia che aveva qualche infarinatura di cose mediche, avendo frequentato senza successo una facoltà di medicina. Avendo codeste scoperto che l’apparecchio, venuto da lontano, avrebbe potuto essere per loro la gallina dalle uova d’oro, anch’esse si fecero venire da lontano il medesimo apparecchio e si accinsero con industriale continuità a fare aborti, con anestesia totale, in nome, ma non per conto del ginecologo, sì che quando la non più partoriente si svegliava e cercava il ginecologo, che doveva averla operata, le due fedifraghe se la cavavano, dicendole che per motivi di sicurezza personale il ginecologo, dopo aver fatto ciò che non avrebbe dovuto fare, s’era dato alla sua disonesta latitanza. “Tanto va la gatta…” che qualche intervento, non andato per il verso giusto, aveva sollecitato le rimostranze di qualche paziente e dei parenti che arrivarono in procura; inoltre, poiché le due mammare praticavano aborti, per avere, sempre, più numerosi clienti, “low cost”, sollevarono un vespaio d’indignazione della maggioranza di ginecologi, soprattutto, obiettori di coscienza, che si vedevano sottrarre da esse il pane e l’appetitoso companatico, si che con  una lettera anonima avvisarono la procura che il tal ginecologo interveniva, clandestinamente, sulle femmine incinte. Per sfortuna del ginecologo la lettera anonima arrivò in procura nel giorno in cui era di turno il più inviperito nei confronti del Prossimo dei sostituti procuratori, il quale, senza contare fino a 10, emise un mandato di cattura nei confronti del ginecologo, inviando nel centro della città diverse macchine della polizia, commissionando ai poliziotti di circondare il palazzo dove aveva la residenza il ginecologo, come se si dovesse procedere all’arresto di un pericoloso capo clan mafioso o un pericoloso terrorista. Il nome del ginecologo assurse a negativa notorietà nazionale, per demerito di “giornalai” senza “equilibrio” e il sostituto procuratore divenne, soprattutto, per i cattolici, pur egli essendo “uomo di sinistra”, il sostituto dell’ ”angelo vendicatore”. Il ginecologo si fece 15 giorni di custodia cautelare in carcere e, poi, fu liberato, definitivamente; evidentemente, in procura s’erano accorti dell’abbaglio  che uno di loro aveva preso, distruggendo la vita di un professionista , senza fallo, onesto e capace nella disciplina che esercitava. Dopo anni, si celebrò il processo, con un p.m. diverso da colui che, con fretta, per usare un eufemismo, aveva fatto fermare in carcere il ginecologo, che chiese, fatto inusuale negli annali della giustizia penale, per lui l’assoluzione piena per non aver commesso il fatto. Di Tanto nessun giornale o telegiornale s’occupò e per il popolo bue, di Tanto non informato, il ginecologo rimase il colpevole di procurare aborti, che per una quindicina di giorni era stato ospite di un patrio albergo. E il sostituto? Divenne presidente di una corte d’assise, poi parlamentare, poi, sindaco. Ma, soprattutto, l’angelo vendicatore di coloro che si supponeva fossero o fossero stati disobbedienti alla pastorale uterina del vaticano, grazie alla visibilità conquistata a scapito della dignità, dell’onore di un inerme medico. Pensiamo che le pagine, da NOI trovate in una mansarda ripostiglio in cerca di tracce del passato, abbiano sceneggiato con chiarezza il senso delle sorprendenti parole della boccassini che, con il livore suo solito, ha scoperchiato il vaso da notte in cui molti suoi colleghi versano le loro inchieste “pro domo eorum”. Ma la magistrata di ferro può scagliare la prima pietra ? Machiavelli avrebbe sbottato, nel venire a conoscenza dello stillicidio di ruberie da parte dei consiglieri regionali  e dei componenti (presidente ed assessori) la giunta della regione basilicata, che più della meschinità di ladri di pollaio, avrebbe preferito IndignarSi, paradossalmente, della genialità, della maestà dei grandi criminali. “Diverse le spese contestate tra cui il cambio di pneumatici, fatture false e mai emesse dalle ditte, conti di ristoranti e hotel con mogli, figli o ’persone non identificate’ (Fonte: Gazzetta del Mezzogiorno. it del 21 – 9 2013)”. Ma, sempre, dalla medesima fonte, dianzi citata, Apprendiamo che un’ assessora  basilisca avrebbe raggiunto il “diapason” dell’infimo truffaldino: ”Un pranzo per 54 persone, tra cui alcuni dipendenti del Dipartimento alle Infrastrutture, costato 1620 euro alla Regione nel 2011, ma ‘fruttato” il doppio all’allora assessora regionale, …, che non solo se lo è fatto rimborsare dall’ente, ma ha chiesto ai commensali di darle la loro quota (30 – 35 euro a testa)”. La basilicata! Abbiamo Insegnato per due anni in questa regione: nel liceo classico di venosa e nel liceo scientifico di sant’arcangelo,  la patria dell’attuale, dalla magistratura più volte indagato e assolto. presidente della regione, de filippo. Attualmente, però, la fonte, di cui sopra, ci informa che egli avrebbe messo nei guai un dipendente regionale, che avrebbe detto il falso agli inquirenti, per “assicurare(gli) l’impunità”. Noi abbiamo conosciuto il de filippo e lo ricordiamo incazzato adolescente di”sinistra ideologia”. Ma la Storia “Docet” che chi è anarchico socialista” “appallato” (è un aggettivo di una poesia del giovane de filippo) a 20 anni, a 40 anni, inconsapevolmente, si scopre essere benito mussolini. La Basilicata! Infettata da una classe dirigente di estrazione piccolo-borghese, classe che in questa regione non produce la dispotica, criminale trascendenza ad essa di un mussolini, ma l’infognamento di essa nella palude mefitica dei ladruncoli delle sacre cassette di elemosine nelle chiese cattoliche. Le scuole di essa, in essa, i licei, le università ? Chiudiamole, se codesti sono i risultati! Non che le altre regioni italiettine stiano messe bene dal punto di vista del Progresso Civile, Etico, Culturale, ma per quanto riguarda la basilicata, ancora di più, oggi, cristo non si vuol muovere da eboli e a chi lo scongiura di muoversi, finalmente, ribatte: ”Hic manebimus optime!”. Roberto Vecchioni potrebbe prendere il volo per Stoccolma a metà ottobre per ritirare il “Nobel” per la Letteratura. Il vecchioni, un ex insegnante di latino e greco in un liceo milanese, un cantautore non proprio di “prima fascia”, si direbbe in gergo calcistico, selezionato dal comitato per il “Nobel” che potrebbe metterlo accanto ai Grandissimi Italiani che, già, sono stati Onorati di siffatto ambito Premio: Carducci, Grazia Deledda, Quasimodo, Montale, Canetti, Fo. Ecco due versi di “Samarcanda”:”Oh oh cavallo, oh oh cavallo /oh oh cavallo, oh oh cavallo, oh oh”. Ecco 4 versi della canzone “non sense” “Sugli Sugli Bane Bane”: “Sugli sugli bane bane tu miscugli le banane, /le miscugli in salsa verde /chi le mangia nulla perde”. Invece, coloro che si cibano delle prove poetiche del futuro “Nobel” per la Letteratura nulla guadagnano! Per Parafrasare un verso della canzone ”Chiamami ancora amore”: ”…per il poeta che non può più cantare”, vorremmo Chiedere all’ex insegnante secchioni: “A quale omuncolo, in una democrazia, pur di diritto, come quella italiana, è impedito di cantare, specie, oggi, che il web ha creato un nuovo cesto democratico per cui con 25 voti si conquista un seggio nel parlamento italiettino e con qualche grugnito ammannito ai diseducati alla “Bellezza” si ascende a immeritati nazionali successi”? Anzi il tempo nostro e la democrazia nostra favorisce, attraverso i media “democratici”, il canto, qualsiasi canto, anche quello di vecchioni, non a caso carico di “non sense”, non ché passi la Edoardiana “nuttata”,  ma ché sia eterna, un canto che “uccida il pensiero”. Ciò che l’io di vecchioni rimuove dalla sua consapevolezza, l’inconscio fa riemergere sotto forma di uno strale rivolto al potere da chi sputa, come vecchioni, nel piatto che il potere gli mette a disposizione, vedi il “festival di san remo” o il “Nobel”, lautamente, fornito di fama per chi ha fame, dicendo “amenità” (è un eufemismo), di tanti, tanti latini sesterzi .

Pietro aretino, gia detto Avena Gaetano

pietroaretino38@alice.it    

 


Pubblicato il 24 Settembre 2013

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