Federico: il prezzo della caccia
Il più appassionante esercizio della fantasia è legato alla Storia. Come sarebbero andate le cose se Giulio Cesare fosse sfuggito alla congiura delle Idi di Marzo, se Napoleone avesse vinto a Waterloo, se la madre di Hitler avesse abortito…? C’è stato un momento del XIII secolo in cui l’Italia del centro nord, ad eccezione dello Stato Papale, ‘rischiò’ di ritrovarsi annessa al Regno di Sicilia sotto la corona di Federico II di Svevia. L’assedio di Parma (che ebbe termine il 18 febbraio 1248, cioè 766 anni fa) fu un punto nodale della parabola politica del Puer Apuliae. Inviso a Papa Innocenzo IV, che aveva confermato a danno dell’Imperatore la scomunica lanciata dal pontefice precedente, Papa Gregorio IX, Federico si ritrovò davanti ad una temibile coalizione guelfa. Quando Parma per effetto di un colpo di mano cadde nelle mani dei Guelfi, l’Imperatore non esitò a muovere in forze verso la città emiliana. Aveva capito che doveva intervenire, che non poteva lasciare che le cose si risolvessero da sole e che in quel delicatissimo momento con una vittoria avrebbe inflitto un colpo mortale alla coalizione guelfa e avuto mano libera nella composizione di una sia pur parziale unità d’Italia. Ma la sua azione fu frettolosa. Giunto a Parma a luglio 1247 trovò la città ben più fortificata del previsto. Essendo a corto di macchine d’assedio, cambiò strategia : avrebbe preso la città per fame. Ma Parma, ben rifornita di vettovaglie, teneva duro. Con l’arrivo dell’inverno la situazione si fece delicata per gli assedianti. Per rendere accettabili le condizioni di vita dei suoi soldati, Federico ordinò che la costruzione di un più confortevole campo trincerato a poca distanza dalla città, a Grola, localizzata da alcuni presso l’attuale frazione di Baganzola e da altri presso Vicofertile. Battezzato pomposamente Vittoria, il campo fu annunciato come il primo nucleo della futura capitale d’Italia alla caduta di Parma ; al suo interno avrebbero dovuto sorgere case, palazzi e una chiesa. Quel nome, Vittoria, non portò fortuna. Dinanzi al protrarsi dell’assedio alcuni alleati vennero meno incrinando alquanto il morale delle già infiacchite forze imperiali. Avuto di ciò notizia, Montelongo, comandante delle forze ghibelline di Parma, osò una sortita il 18 febbraio. Colti di sorpresa e privi del loro capo (Federico in quel momento era a caccia nella valle del Taro), gli imperiali non riuscirono ad impedire che Vittoria venisse distrutta. I parmigiani uccisero duemila imperiali, ne catturarono tremila, si impadronirono di alcune macchine d’assedio e persino dei fondi destinati alla paga dei soldati. Avuta notizia del disastro, Federico si rifugiò a Borgo San Donnino da dove poi raggiunse la più sicura Cremona. Era cominciata la sua china discendente. Meno di due anni dopo Federico avrebbe trovato la morte in Puglia, a Castel Fiorentino, al termine – come al solito – di una partita di caccia.
Italo Interesse
Pubblicato il 18 Febbraio 2016