Ferrare sì, ferrare no
A dispetto di una tecnologia disumanizzante tornano i mestieri antichi. Chi mai avrebbe pensato che alle soglie del terzo millennio venissero organizzati in Puglia corsi di mascalcia? Per chi non lo sapesse, la mascalcia è l’arte del maniscalco, l’artigiano che applica i classici ferri agli zoccoli dei cavalli ; in passato, provvedeva anche alla realizzazione dei ferri, mentre oggi si limita all’adattamento allo zoccolo di ferri di produzione industriale. Il ritorno del cavallo, inteso come espressione d’amore non interessato verso questo animale e di nostalgia verso un mondo a misura d’uomo sta producendo una domanda crescente di finimenti, selle, briglie, frustini e, naturalmente, di ferri. La pratica della ferratura è antichissima. Premesso che essa è preceduta dalla pareggiatura dello zoccolo, pratica eseguita ancora dal maniscalco con l’uso di una raspa (e di un coltello e di una tenaglia particolari quando necessario), la ferratura si spiega col fatto che l’addomesticamento del cavallo ha prodotto importanti novità fisiologiche. In natura l’abrasione dello zoccolo per effetto del galoppo o anche del semplice spostamento viene pareggiata dal costante ricrescere. Ma muoversi sull’acciottolato delle vie è altra cosa che correre su steppe erbose. L’attrito consuma lo zoccolo oltre la capacità di riproduzione, specie se l’animale è sottoposto al peso di un cavaliere o di un carico, oppure se deve trainare un carro, una carrozza. Da alcuni anni però ha preso vita un movimento d’opinione contrario alla ferratura. Secondo il punto di vista del ‘Barefoot movement’ la ferratura verrebbe eseguita ‘by fear and use’, ovvero per paura (della scarsa resa economica del cavallo) e per abitudine. In effetti l’applicazione del ferro altera la ‘meccanica’ dello zoccolo, limita l’assorbimento dei traumi da contatto e diminuisce la presa su superfici lisce e dure. Tornando ai corsisti pugliesi, cosa devono imparare? Innanzitutto a sviluppare sensibilità e riflessi pronti ; la prima serve a comprendere lo stato d’umore della bestia, i secondi a prevederne gli scarti improvvisi. All’abilità manuale, il maniscalco deve associare anche conoscenze di anatomia, indispensabili per realizzare una ferratura che tenga conto della conformazione individuale dell’animale, prestando anche attenzione alla scelta del ferro, che va fatta in funzione dell’impiego del cavallo. Al maniscalco spetta anche correggere appoggi e andature difettose ripristinando l’equilibrio dello zoccolo con l’opportuna raspatura. Per i casi più difficili gli viene incontro la tecnologia con nuovi materiali come ferri in lega speciale o ‘calzature’ in materiale plastico che si allacciano allo zoccolo e mitigano alquanto i danni di cui prima. – Nell’immagine, un maniscalco di Avigliano negli anni cinquanta.
Italo Interesse
Pubblicato il 25 Novembre 2017