Primo Piano

Ferrovie Sud Est: scandali, inchieste e strepiti politici

“Le Ferrovie del Sud Est sono al collasso: disservizi giornalieri, corse soppresse, mezzi non conformi agli standard di sicurezza, carrozze stravecchie e affollate oltre ogni limite e, dulcis in fundo, inchieste giudiziarie con una situazione debitoria di 240 milioni di euro. Credo sia urgente e inderogabile che il ministro intervenga per riuscire a garantire, anche in questo lembo d’Italia, un servizio in linea con gli standard di un Paese civile e conforme a quanto previsto dal diritto alla mobilità”. È in questa sintesi a dir poco pungente, la richiesta del senatore ed ex assessore pugliese Dario Stefàno in un’interrogazione al Ministro Delrio. Un’interrogazione  con cui si torna a denunciare lo stato di abbandono in cui si ritrovano le “Ferrovie del Sud Est”, la più grande ferrovia in concessione di trasporto pubblico locale operante in Italia, preposta a garantire collegamenti tra il capoluogo e le province del Salento. “Parliamo – precisa Stefàno – della più estesa rete ferroviaria italiana, dopo Ferrovie dello Stato, cui è interconnessa, che con i suoi 474 km di linea rappresenta, nel comprensorio a sud di Lecce, l’unico vettore su rotaia, che per decenni ha garantito la mobilità in Puglia di lavoratori, studenti e merci. Da tempo, però, si registrano disservizi giornalieri e l’utilizzo di un parco mezzi inadeguato e oramai vicino al collasso. Gli investimenti effettuati, anche con fondi pubblici, sarebbero stati inadeguati portando la società a una esposizione debitoria che ammonta a circa 240 milioni. Alcuni casi sono oggetto di inchiesta giudiziaria”. “L’ex presidente della Regione Vendola – conclude Stefàno – ha sollecitato più volte il cambio di management al Ministero, unico azionista della società. La Regione aveva anche proposto un piano di assorbimento o acquisto di FSE, previa una verifica dei bilanci alla quale però l’azienda non ha mai acconsentito. È lecito sospettare che vi sia l’interesse a mantenere le cose così come sono?”. Certo che è lecito, anche perché l’amministrazione regionale guidata da Vendola e di cui ha fatto parte Stefano, non è mai andata al di là delle proteste e richieste a vuoto, sulle Fse, nonostante i fiumi di soldi per gonfiare appalti sull’acquisto di carrozze mai utilizzate, quantità enormi di denaro che, come starebbe accertando la magistratura, venivano trasferite sui conti di società private e nei portafogli di amici e sodali di questo o quel dirigente pubblico e imprenditore. E il bello è che nelle carte giudiziarie spunta spesso il nome dell’amministratore delegato Fiorillo, finito anche lui al centro dell’inchiesta della Procura di Bari sui treni acquistati dalla Germania, rivenduti e poi riacquistati dalla Polonia a peso d’oro. Ma sfiorato dalle inchieste anche un altro pezzo da novanta del centrosinistra, quel Roberto De Santis amico di D’Alema, proprio mentre un anno fa Vendola – sulla già pluridisastrate Fse – non andava oltre i poetici rilievi di “…una pentola piena di cose strane e opache”. E non solo: “Il proprietario delle Fse, cioè il ministero delle Infrastrutture, non ha mai avuto la solerzia di scoperchiare quella pentola e di scoprire il verminaio che lì dentro c’era”. Insomma, se per Vendola e Stefano la colpa dei trasporti fantasma in Puglia è dei soliti ministri e governi ladri, un po’ meno per il deputato grillino Diego De Lorenzis. Il quale, almeno, non ha paura di dire le cose come stanno, attaccando ‘vis a vis’ le due ultime giunte succedutesi sul lungomare di Bari. Proprio perché, secondo lui, “…alle responsabilità governative vanno sommate quelle sicuramente più pesanti della Regione, l’ente esclusivamente competente delle risorse destinate alle Ferrovie Sud Est”. E non basta. “È ridicolo che la Regione chieda il commissariamento di FSE – ha già detto e ripetuto in passato De Lorenzis – piuttosto sarebbe coerente pretendere le dimissioni dell’assessore ai Trasporti. Sia dell’attuale Giovanni Giannini (riconfermato da Michele Emiliano, NdR) ma, ancor di più, del suo predecessore Mario Loizzo del Partito Democratico, consigliere regionale, ex segretario provinciale e regionale della Cgil ed alla guida dell’assessorato dal 2005 al 2010 (e ora presidente del Consiglio Regionale nella prima giunta guidata dall’ex magistrato barese) ambedue gravemente colpevoli dell’assenza di vigilanza sulla vicenda. Una vicenda – per il parlamentare pentastellato – verificatasi proprio negli anni di governo Vendola e quindi, delle due l’una: o la Regione ha dormito e si è fatta soffiare sotto il naso denari senza accorgersene, oppure qualcuno in via Capruzzi ha fatto ‘bingo’ con i soldi pubblici. Chi, poi, propone una commissione di inchiesta prima che si concluda il lavoro della magistratura è in cerca di facili consensi proponendo, proprio a chi doveva vigilare, di verificare perché dormisse o fosse complice di questo affare dannoso per le casse pubbliche”. Chissà se mai in questa sempre più negletta regione si perderà il viziaccio di giocare alle tre carte con i soldi di Pantalone, in barba ai servizi primari (come trasporti, ma anche sanità, scuola, ambiente eccetera) ai pugliesi. Peggio che nel Burundi….

 

Francesco De Martino


Pubblicato il 18 Settembre 2015

Articoli Correlati

Pulsante per tornare all'inizio