Cronaca

Fiera del Levante, dagli albori al decadimento di un’eccellenza tutta pugliese

Settembre, per consuetudine, è il mese della vendemmia per i contadini, della riapertura delle scuole per gli studenti imbronciati e del rientro a lavoro per chi, in questi anni bui, ha ancora la fortuna di averne uno. Da ottant’anni, però, settembre rappresenta anche il mese della Fiera, un’attrazione per grandi e piccoli provenienti non solo da tutta la Puglia ma anche dal resto d’Italia. Un appuntamento importantissimo per il commercio che ha visto, nella sua lunga storia, nascere ed avvicendarsi innumerevoli aziende provenienti da ogni dove nel Mediterraneo. “Bari sarà per i mercati dell’Est quel che Milano è per il Nord”. Fu questa l’intuizione dell’allora podestà di Bari -Araldo Di Crollalanza- che, sullo schema simmetrico della Fiera di Milano del 1920, portò alla costruzione del quartiere fieristico barese nel 1929 ed all’organizzazione della prima Fiera del Levante- Campionaria Internazionale, proprio nel settembre del 1930. Tradizione, dalla congiunta collaborazione del Comune, dell’Amministrazione Provinciale e della Camera del Commercio, che ad oggi non s’è ancora persa: solo gli anni della Seconda Guerra Mondiale, di fatto, hanno visto le porte dell’ingresso monumentale chiuse.  Un’eccellenza tutta pugliese, che l’allora Capo del Governo, in occasione della visita a Bari nel 1934 ( nella quale ammirò anche le numerose opere realizzate per lo sviluppo del territorio: insediamenti rurali per migliorare la resa della terra, scuole, l’Acquedotto, il Policlinico, palazzi istituzionali, porti e altre importanti infrastrutture) durante il discorso inaugurativo della quinta edizione definì: <>. Impresa ricordata anche dall’editoriale della Gazzetta del Mezzogiorno del 7 settembre 1934: <>. L’ingresso principale, detto oggi Monumentale, consentiva l’accesso direttamente alla piazza centrale da cui poi si distribuivano le vie verso i vari padiglioni. Dello stile linguistico architettonico originario, si sono conservate oggi solo le mura perimetrali. I padiglioni dell’epoca hanno lasciato il posto ad architetture meno rappresentative ma funzionali alle mutate esigenze di affluenza di visitatori ed espositori. Rispetto all’impianto del 1929 la Fiera ha visto crescere la propria superficie – sino agli attuali 300.000 mq – ed il numero di accessi – con la realizzazione dell’ingresso edilizia e di quello italo-orientale. Gli espositori che partecipano alle trenta  manifestazioni in calendario ogni anno sono circa 2.000, tra nazionali ed esteri con un indotto di alcune decine di milioni di euro. Inoltre, agli eventi fieristici che operano principalmente al servizio del grande mercato centromeridionale ma allarga il suo campo operativo al sud est europeo ed all’area mediterranea partecipano circa 500.000 visitatori in totale all’anno. La manifestazione maggiore resta sempre la multisettore internazionale di settembre, che può contare su circa 800 espositori e 200.000 visitatori. Bari, quindi, si conferma cerniera tra ovest ed est europeo detenendo un ruolo strategico sul piano economico, grazie anche alla sua posizione geografica, oltre che alla sua antica tradizione di traffici.
Purtroppo però, data la mala gestione dell’Ente fieristico degli anni successivi al secondo dopoguerra, pare che questa che si svolgerà dal 10 al 18 settembre sia l’ultima edizione a trazione pugliese. Infatti, dopo il commissariamento semestrale da parte del Presidente della Regione- Michele Emiliano- che scadrà a settembre, la gestione della Fiera passerà ad una ‘newco’ composta da Camera di Commercio di Bari, Fiere di Bologna-Ferrara e Sogecos spa (controllata da Bologna Fiere per la quale organizza gli eventi Cosmoprof e Cosmofarma). In questi giorni i delegati della Fiera di Bologna sono in città per tentare di chiudere l’accordo per la privatizzazione della campionaria. Una volta firmato l’accordo la Fiera diventerà una fondazione, con poteri minori, mentre la Newco organizzerà in toto le iniziative della Fiera e la gestione degli spazi espositivi, per un periodo di 60 anni, previa corresponsione di un canone di concessione di 100mila euro come quota fissa, cui andrebbe ad aggiungersi una quota variabile da conteggiare su base percentuale (dal 2 al 20%) in funzione dei ricavi o del fatturato. L’unica possibilità questa, a detta del Sindaco -Antonio Decaro-  per tenere in vita un soggetto che aveva prodotto solo costi e che da ormai quindici anni era costretto a chiudere in rosso i bilanci. «Nel contratto di gestione – spiega ancora Decaro – abbiamo inserito il divieto di realizzare nuove volumetrie edilizie all’interno del perimetro della fiera. Al limite si potrà demolire per ricostruire. E poi, altra clausola, il gestore assorbirà i 24 dipendenti della Fiera. Ancora, qualora ci fossero utili di gestione, la proprietà pubblica parteciperà in percentuale». L’ennesimo pezzo di Puglia ceduto alle imprese del Nord, alla faccia del PD che aveva fatto della ‘Questione Meridionale’ il suo cavallo di battaglia in campagna elettorale. Questione risolta storicamente con la caduta dell’ingiustizia distributiva dei governi liberali degenerati ma poi prepotentemente riemersa con i governi liberali che si sono susseguiti dalla prima Repubblica ai giorni nostri. La chiamavano ‘democrazia’.

Maria Giovanna Depalma


Pubblicato il 1 Settembre 2016

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