Cronaca

Fipe e Confcommercio: “Abbiamo investito per stare in regola. Ora aiuti subito”

Hanno sistemato tovaglie, piatti, posate e bicchieri sulla pavimentazione di largo Giannella a Bari per “dimostrare che la categoria e’ a terra”. Cosi’ ieri mattina i ristoratori di Bari hanno manifestato – come accaduto in altre 23 piazze italiane – il loro dissenso contro le restrizioni imposte dall’ultimo decreto governativo che impone la chiusura di bar e locali alle 6 del pomeriggio. Gli imprenditori del settore ristorazione hanno ribadito il “valore economico, sociale e antropologico delle loro attivita’” e chiarito “una volta per tutte” che non esiste connessione alcuna “tra la frequentazione dei pubblici esercizi e la diffusione dei contagi”. “Noi oggi siamo a terra ma non ci arrendiamo – sottolinea il Presidente della Fipe-Confcommercio, Lino Enrico Stoppani -. Prima della pandemia davamo da mangiare a oltre 11 milioni di persone ogni giorno e vogliamo continuare a farlo. Oggi ci viene chiesto di sospendere la nostra attività per senso di responsabilità e per contribuire a ridurre l’impennata dei contagi. Noi siamo pronti a fare la nostra parte, pur sapendo che i nostri locali sono sicuri. Lo sappiamo perché lo dicono i dati e lo sappiamo perché nei mesi scorsi abbiamo investito tempo, risorse ed energie per renderli sicuri.

“E’ una situazione davvero difficile. Con questa iniziativa – spiega Nicola Pertuso consigliere nazionale e regionale di FIPE vogliamo ricordare i valori economici e sociali della categoria, che occupa oltre un milione e duecentomila addetti e chiedere alla politica di intervenire in maniera decisa e concreta per salvaguardare un tessuto di 340mila imprese che prima del Covid19, nel nostro paese generava un fatturato di oltre 90 miliardi di euro ogni anno. La nostra categoria rappresenta un comparto importantissimo. Non siamo untori e rivendichiamo il diritto di lavorare. Il Decreto Ristori approvato dal Governo è un primo importante segnale che va apprezzato, ma dopo decine di provvedimenti che hanno avuto problemi a diventare realmente operativi, penso ad esempio ai ritardi della cassa integrazione, il fattore tempo è essenziale per recuperare un po’ di fiducia nelle istituzioni. Se le risorse promesse non arriveranno sui conti correnti degli imprenditori entro i primi giorni di novembre, il Paese perderà una componente essenziale dell’agroalimentare e dell’offerta turistica che da sempre ci rendono unici al mondo”.

Proprio per ribadire l’importanza del settore della ristorazione e dei pubblici esercizi in generale, i partecipanti alla manifestazione hanno imbracciato una serie di cartelli con impresse le loro parole d’ordine: dalle categorie professionali (cuochi, lavapiatti, bartender, sommelier, bagnini…) ai valori rappresentati (professionalità, accoglienza, ospitalità, passione…) ai numeri della crisi. Un modo per raccontare un mondo di saperi che rischia di perdersi.

“I pubblici esercizi sono prima di tutto aziende, – ha detto Sandro Ambrosi Presidente di Confcommercio Bari-BAT – aziende che danno luce e lustro alle città, aziende che creano socialità, aziende che hanno e stanno rispettando le regole, e vogliono continuare a stare nelle regole ma hanno urgenza di avere aiuti e velocemente, altrimenti la maggior parta sarà costretta a chiudere. Questo il messaggio che parte da questa piazza, non siamo gli untori della società. Ringraziamo il Governo per gli aiuti promessi ma devono arrivare velocemente”” Le ulteriori restrizioni – ha spiegato Dino Saulle Presidente FIPE provinciale per i ristoratori contenute nell’ultimo DPCM rischiano di essere il colpo di grazia per il settore dei pubblici esercizi, già tra i più colpiti dalla spaventosa crisi generata dalla pandemia. Infatti, secondo le stime, a fine anno il comparto rischia di perdere 50.000 aziende con ben 300.000 posti di lavoro in bilico. Per questo, oggi anche a Bari siamo scesi in piazza, per evitare che passi il messaggio che i pubblici esercizi abbiano un ruolo nella diffusione del contagio. Non esiste alcuna connessione tra quest’ultimo e l’apertura dei locali, anche perché gli operatori del settore rispettano seriamente i protocolli sanitari imposti e validati dal Cts e dall’Inail. Protocolli che hanno richiesto investimenti economici significativi e garantito sicurezza ai consumatori”.

 

 

 

 


Pubblicato il 29 Ottobre 2020

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