Fitto spera nella Meloni per la corsa alle Europee del 2019
E’ da dopo le elezioni politiche del 4 marzo scorso che l’eurodeputato pugliese Raffaele Fitto cerca affannosamente “casa”.O, forse meglio, una sigla di partito nazionale che possa ospitare la sua ricandidature alle europee del prossimo anno e che quindi gli consenta, con probabilità di successo, il ritorno al Parlamento di Strasburgo. Infatti, a costringere evidentemente l’eurodeputato ex forzista di Maglie (Le) a guardarsi intorno nel panorama politico nazionale, per trovare una lista in cui presentarsi per la corsa alle europee del 2019, è stato il naufragio elettorale e politico del progetto centrista di “Noi con l’Italia”, sorto a gennaio di quest’anno e che alle successive ultime politiche non è riuscito neppure a raggiungere la soglia minima del 4% a livello nazionale, per essere ammessi alla ripartizione dei seggi del proporzionale di Camera e Senato all’interno di quelli spettanti allo schieramento di appartenenza. E che la sigla di Nci sia stata un vero e proprio aborto politico, per i centristi che lo scorso marzo si erano presentati uniti sotto una nuova bandiera del vecchio scudo crociato, è dimostrato dal fatto che anche in Puglia, considerata sulla carta una della 4 o 5 roccaforti nazionali di Nci, perché ritenuta anche roccaforte elettorale di Fitto, il risultato elettorale è stato alla fine più deludente del previsto. Infatti, in Puglia, dove il dato elettorale del neo nato scudocrociato a trazione fittiana è stato tra i migliori d’Italia, lo scorso 4 marzo la sigla di Nci non è riuscita ad andare oltre il 3,5% dei consensi, ossia circa 75mila voti su un totale di circa due milioni di voti validi. Mentre, secondo le erronee previsioni e la speranza sicura degli artefici dell’iniziativa, il progetto di Nci era stato stimato intorno al 5% dei voti a livello nazionale ed in Puglia, feudo elettorale di Fitto e del deputato pugliese uscente dell’Udc, il foggiano Angelo Cera, anch’egli della partita con Nci alle ultime politiche, a circa il doppio, vale a dire un paio di centomila voti soltanto in questa regione. In realtà, come è noto, il nuovo soggetto centrista di Nci la volta scorsa si è rivelato un flop nella coalizione del centrodestra di cui era considerato addirittura la quarta gamba, dopo Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia, perché sul possibile successo elettorale di tale sigla al tetto minimo del 4% si basavano le speranze di sfondamento della soglia del 40% della coalizione e, quindi, del conseguimento del premio di maggioranza previsto dalla nuova legge elettorale maggioritaria per Camera e Senato. Come è pure noto, Nci alle politiche di marzo scorso ha eletto nella coalizione di appartenenza appena 4 deputati ed altrettanti senatori solo in collegi uninominali del centro-nord, dove i voti determinanti a far eleggere i candidati di Nci nell’uninominale sono stati verosimilmente quelli più cospicui del partito di Matteo Salvini, ossia la Lega, ed in minor misura anche quelli di Forza Italia e Fratelli d’Italia. Ed è con quest’ultimo partito che di recente l’ex governatore pugliese di centrodestra (2000-2005) e ministro degli Affari regionali dell’ultimo governo Berlusconi (2008-2011) starebbe forse pensando di “salvare” il proprio seggio al Parlamento europeo alle prossime elezioni della primavera del 2019. Infatti, secondo alcune indiscrezioni, Fitto proprio a Giorgia Meloni avrebbe chiesto ospitalità in lista per le europee, assicurando di portare in dote un consistente pacchetto di voti personali di preferenza in Puglia ed in altre regioni del sud Italia che senza la sua candidatura in Fdi andrebbero verosimilmente dispersi in altri partiti della coalizione di centrodestra. Voti, quelli vantati da Fitto, che se effettivamente si aggiungessero a quelli tradizionali del partito della Meloni, potrebbero forse consentire a Fdi di superare l’importante soglia del 4% nazionale (quota sfiorata da tale partito alle europee del 2014), permettendogli di eleggere all’euro-Parlamento non meno di tre o quattro esponenti. E, quindi, di essere presente anche in quella Sede politica di rilievo sovranazionale. Però, strano a dirsi, una levata di scudi contro la presenza di Fitto nella lista di Fdi alle prossime europee è venuta proprio dai rappresentanti pugliesi di Fdi che, in modo pressoché unanime, hanno invitato platealmente ed anche pubblicamente il loro partito, con uno striscio apparso domenica scorsa per pochi secondi a Roma, sotto la sede di un importante incontro politico della Meloni con altri leader del centrodestra nazionale ed internazionale, di non dare in “af-Fitto” la sigla con la fiamma tricolore. Quindi, dopo il tentativosenza successo di rientrare in Forza Italiadell’ex leader pugliese del centrodestra e quello precedentemente andato anche a vuoto di ospitalità nella lista della Lega, all’eurodeputato pugliese ex forzista non resta che sperare in un “sì” della Meloni, per un suo possibile ritorno a Bruxelles. E questa volta per Fitto un “no” anche da questo partito del centrodestra, che di voti alle europee per superare lo sbarramento ne ha bisogno come il pane, sarebbe a dir poco drammatico, perché significherebbe per lui una forse sicura rinuncia alla ricandidatura. Però, evidentemente, anche tra gli esponenti pugliesi Fdi, come verosimilmente tra quelli di Fi e Lega, i “sassolini” da togliersi dalle scarpe con l’ex pupillo pugliese di Berlusconi sono ancora molti. Per cui non sarebbe forse male se Fitto, piuttosto che candidarsi alle prossime europee con una sigla dove le possibilità di successo sarebbero nulle o quasi, pensasse già alle regionali del 2020, quando un suo ritorno diretto in capo da semplice candidato consigliere, potrebbe forse riaprirgli un percorso politico interrotto nel 2005 per i marchiani errori di arroganza politica allora compiti. E non solo allora, ma anche successivamente. E, quindi, ora “chi – come suole dirsi – è causa del proprio, pianga se stesso”.
Giuseppe Palella
Pubblicato il 25 Settembre 2018