Cultura e Spettacoli

‘Flottando’ l’idrovolante raggiunse il veliero

Il 27 aprile 1939, un Savoia-Marchetti 79 Sparviero, un bombardiere-aerosilurante della Regia Aeronautica, decollava da Castelbenito (l’aeroporto di Tripoli) alla volta di El Maden, una pista di atterraggio nei pressi di Tobruk, porto libico al confine con l’Egitto. Quell’aereo non arrivò mai a destinazione. Probabilmente precipitò al suolo in un punto imprecisato del deserto libico a causa di una tempesta di sabbia. Ogni ricerca si rivelò vana : nessuno riuscì a individuare la carcassa del mezzo e con esso le salme dei cinque aviatori che componevano l’equipaggio. Tra i caduti figura anche un pilota barese. Nato nel capoluogo pugliese il 23 febbraio 1902, Jacopo Calò Carducci era destinato a diventare un ufficiale della Regia Marina (diplomatosi Capitano di lungo corso all’Istituto Nautico della città natale, nel 1922 uscì dalla Regia Accademia Navale di Livorno col grado di Guardiamarina). Ma nel 1923, con la costituzione della Regia Aeronautica, sedotto dalla gran novità, chiese ed ottenne di transitare nella nuova arma, frequentando la scuola idrovolanti di Portorosee conseguendo l’anno successivo il brevetto di pilota militare. Fu quello l’inizio di una brillantissima carriera aeronautica che lo portò a prendere parte a storiche trasvolate, su tutte la Crociera Area Transatlantica Italia-Brasile, impresa per la quale fu insignitodella Medaglia d’oro al valor aeronauticoe del titolo di Commendatore dell’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro.In precedenza il nostro aviatore era stato decorato con altra medaglia, questa volta d’argento e al valore aeronautico. Il 27 maggio 1928 Carducci era Pilota capo equipaggio di un idrovolante in volo verso Tripoli. Dopo quattro ore di viaggio a causa d’un’avaria all’apparato propulsore, l’apparecchio era costretto all’ammaraggio. Nonostante il mare tempestoso, Jacopo Carducci riusciva ad ammarare senza che il velivolo riportasse danni. A quel punto “con i mezzi di bordo” riusciva a rimettere l’apparecchio in condizioni tali da riprendere il volo, ma invano : le condizioni del mare non consentivano il decollo. Cominciava così l’incubo per l’equipaggio, impossibilitato a comunicare la propria posizione per l’assenza a bordo dell’apparecchiatura radio. Per quattro notti e cinque giorni l’idrovolante restò in balia delle onde e senza soccorsi. Finalmente al quinto giorno si profilò all’orizzonte un veliero (che poi si rivelò battente bandiera straniera). Pur avendo scorto i segnali di soccorso lanciati dall’idrovolante, la nave tuttavia non volle avvicinarsi. Allora Carducci, con grande audacia si giocò la carta del ’flottaggio’, termine col quale si definisce lo spostamento di un idrovolante nelle manovre di trasferimento a ormeggi o pontili dopo l’ammaraggio (al più basso regime di giri motore è possibile far scivolare lentamente il mezzo sulla superficie d’acqua). Flottando per tre ore nel mare burrascoso l’aviatore barese riuscì a raggiungere il veliero e farsi rimorchiare sino al più vicino porto libico. – Nell’immagine, un Savoia Marchetti 79 Sparviero costretto all’ammaraggio ; si noti il tettuccio aperto per consentire all’equipaggio di abbandonare il mezzo.

 

Italo Interesse


Pubblicato il 23 Febbraio 2022

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