Foreste pugliesi perdute
L’ultimo inventario forestale italiano risale al 2015. In assenza di numeri più recenti prendiamo in considerazione quelli di due anni fa, visto l’eco (inquietante) rilasciata dalla Giornata Internazionale delle Foreste celebrata tre giorni fa in occasione del solstizio di primavera : tra il 200 e il 2013 l’estensione delle foreste vergini è scesa del 7%… Con i suoi 179.040 kmq la Puglia si posiziona terzultima in Italia. La Toscana, capolista, tocca quota 1.151.539 ; peggio di noi stanno Molise (148.651) e Val d’Aosta (105.928), che si estendono però per meno di un quinto della nostra regione. E nel computo del nostro risicato patrimonio boschivo una buona fetta è rappresentata dalla Foresta Mercadante, che al 95% è artificiale. Con l’eccezione della Foresta Umbra, unica superficie boschiva secolare e di dimensioni ragguardevoli, la Puglia raccoglie solo qualche manciata di riserve ed aree protette, ovvero fazzoletti di verde spontaneo sparpagliati qua e là. Troppo poco per una realtà territoriale di quasi 20mila kmq. Se a ciò si aggiunge il danno di pale eoliche e di un’antropizzazione che, seppur rallentata dalla crisi economica (non dal buon senso), non si arresta, emerge anche sul piano paesaggistico un quadro sconfortante. La modesta copertura forestale, poi, è concausa, insieme all’intensità dei venti, all’erosività della pioggia e alla devastazione ambientale, di un altro problema del nostro territorio : la desertificazione (estensioni boschive distribuite a macchia di leopardo non danno di oasi nel deserto?) Di fatto la Puglia è un territorio ibrido, segnato da campagne in abbandono e periferie urbane sempre più tentacolari. C’è da sorprendersi che da noi esista ancora tanta fauna selvatica. Chissà allora quanta ce n’era una volta. Se un grande cacciatore come Federico II prediligeva la Puglia è segno che questa terra in passato era ricoperta da un manto vegetale immenso. Che fine ha fatto tanto verde? Sino all’Unità d’Italia era ancora al suo posto (diversamente i ‘briganti’ non avrebbero tanto facilmente trovato di che nascondersi e tenere in scacco per tre anni l’armata piemontese scesa a domarli). Tutta colpa della rivoluzione industriale, che da noi giunse assai più tardi che al Nord. E siccome far arrivare per mare dalla Francia il carbone destinato ad alimentare le prime caldaie costava troppo, si pensò qui da noi di utilizzare la risorsa arborea. Il disboscamento avvenne anche col beneplacito dell’Autorità, sempre timorosa che nuove leve di briganti trovassero nei boschi il loro habitat. Così al grido di : meno foreste, più progresso, prese il via una dissennata campagna di disboscamento che si concluse, si può dire, nell’ultimo dopoguerra.
Italo Interesse
Pubblicato il 24 Marzo 2017