Freddy, la nostalgia non muore
Grande successo di pubblico al teatro Team per il nuovo allestimento di ‘Queen at the Opera’
Due spettatori su tre, venerdì scorso al Team, erano ‘veterani’ dello stesso spettacolo, che proprio nel teatro-tenda di Japigia aveva trionfato lo scorso anno e, ancora prima, nel 2017. Rinnovato nella scaletta, nell’allestimento e nel cast, ‘Queen at the Opera’, questo show nato da un’idea di Simone Scorcelletti ha confermato le ragioni dei precedenti sold-out. Per quanto non proprio innovativa, ma sempre efficace proprio perché tanto collaudata, si è confermata la formula rock-sinfonica. Quest’ultima innovazione – una rock-band ‘accompagnata’ da un complesso orchestrale, quindi non nelle forme canoniche del ‘concerto grosso’ – ha portato il numero dei performer a quaranta, non considerando il M° Pietro Gallo, sul palco nella doppia veste di direttore e arrangiatore. E ancora più larghi consensi ha raccolto il visual show di supporto, questa proiezione su maxi schermo di cifra psichedelica andata avanti per tutta la durata dello spettacolo. Degno di nota anche il contributo offerto dalle numerose videocamere posizionate sul palco che hanno consentito al pubblico di osservare lo show da opposta angolatura e di riflettersi in esso (apprezzabile il gesto dell’organizzazione, poco prima dello start, di consentire espressamente che venissero effettuati scatti fotografici e riprese, “a condizione di non disturbare il vicino di poltrona”). La buona qualità degli interpreti principali ed altre astuzie, infine, hanno decretato il prevedibile successo di quest’altro allestimento di ‘Queen at in Opera’. Nell’insieme, un ‘prodotto’ confezionato con cura. Tanto però non deve far chiudere gli occhi su alcuni limiti. Per esempio, l’orchestra si è sentita poco, a tutto vantaggio invece dell’elemento rock. Colpa dell’ingegnere del suono ? Vogliamo propendere per i limiti acustici di tutte le tensostrutture, qualunque tipo di musica ospitino. Quanto alla scaletta, felice l’ordine di selezione dei brani, non gli intermezzi fra gli stessi, questi stop secchi, coperti da colpi di buio e che riducono lo spettacolo ad una successione schematica di successi. Pressoché nullo il dialogo col pubblico, salvo che in coda di concerto e al momento dei bis. E’ mancato, insomma, il trait d’union fra palcoscenico e platea, elemento insostituibile in un concerto che vuole omaggiare (anche) il più grande front-man della storia del rock. Un non-problema, comunque, a giudicare dalla risposta del pubblico. Dopotutto ogni fan della band britannica è ben consapevole da una trentina d’anni a questa parte che al massimo può percepire ‘l’odore’ dei Queen con Freddy Mercury. Lo show in questione è riuscito in questo intento meglio di quanto avrebbe potuto la più agguerrita Queen cover band.
Italo Interesse
Pubblicato il 21 Marzo 2023