Cultura e Spettacoli

Generale Dumas, peggio che Edmond Dantès

Una settimana fa il Ministero della Cultura ha annunciato di voler investire 2,75 milioni di euro per il restauro e il risanamento conservativo del Castello Aragonese di Taranto. Gioia comprensibile tra gli appassionanti d’arte. Ma gioia pure tra i cultori dell’orrore, i quali sognano la valorizzazione di una stanza delle torture che si pretende esista nel sottosuolo di quel maniero. L’esistenza di questo ambiente sarebbe provata dal fatto che la sua volta presenta un foro ‘sospetto’, ovvero pensato per amplificare e propagare le urla dei malcapitati allo scopo di tormentare psicologicamente gli altri prigionieri (per tutto il Settecento la grande fortificazione venne adibita a prigione). La diceria è figlia delle romanzesche vicissitudini che videro protagonista un esuberante generale napoleonico. Stando ai suoi biografi, la carriera di Thomas Alexandre Davy de la Pailleterie, altrimenti detto Generale Dumas – padre del più celebre Alexandre e nonno del non meno famoso Alexandre Dumas Figlio – s’interruppe bruscamente nel 1799 quando il comandante entrò in contrasto con Napoleone al tempo della campagna d’Egitto. Forse capofila di una frangia dell’Alto Comando ostile a quella campagna, il Generale Dumas fu costretto a mettersi in congedo e ad abbandonare la spedizione. Sulla via del ritorno in Francia, una tempesta costrinse la nave su cui viaggiava a fermarsi a Taranto. Lì il generale  venne imprigionato nel castello aragonese poiché in quel momento il Regno di Napoli era in guerra con la Francia. Per due anni Dumas fu lasciato a languire in una cella buia, a corto di cibo e senza poter ricevere visite ; pare che si tentasse anche di avvelenarlo con l’arsenico, ma senza successo. Al momento del rilascio, aveva gli arti semiparalizzati, era quasi cieco da un occhio e sordo da un orecchio. Rientrò in Francia giusto in tempo per morirvi, non senza aver avuto il tempo di raccontare al figlio le proprie vicissitudini carcerarie. Benché alla morte del padre avesse solo quattro anni, il futuro scrittore fece tesoro del racconto di quella detenzione, che più avanti gli ispirò le pagine de ‘Il Conte di Montecristo’ il cui il protagonista, Edmont Dantès, si ritrova rinchiuso nello Chateau d’If a Marsiglia. Una leggenda, dunque, quella della stanza delle torture nel castello aragonese. Chi abbia vaghezza di strumenti del dolore non perda tempo a Taranto e si rechi invece in quel di Gimignano a visitare il Museo della tortura. Con lo stesso biglietto d’ingresso, che va dai cinque ai dieci euro, avrà anche diritto di accesso all’annesso Museo della pena di morte…

 

Italo Interesse

 


Pubblicato il 18 Febbraio 2022

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