Cultura e Spettacoli

Giù le mani dagli anziani

Nel Rifugio delle Stelle, casa di riposo per artisti, vivono il loro tramonto ex cantanti, danzatori e attori. Un tramonto tutto sommato sereno : la Direttrice è persona amorevole e scrupolosa e guizzi dell’antico spirito da palcoscenico riaccendono tra gli ospiti quel che resta della voglia di vivere. Ma c’è un problema : l’infermiere, un disonesto che si diverte a maltrattate quei poveri vecchi. Lo sconcio dura fino a quando non mette piede nel Rifugio una pornostar in pensione, un personaggio esuberante e insofferente dell’ingiustizia. Alla lunga la volitiva donna troverà come liberare il posto della malvagia presenza e restituire sollievo ai ‘rifugiati’. Questo in sintesi ‘Il Rifugio delle Stelle’, l’ultima commedia di Pupetta e le Battagliere, ancora in cartellone al Bravò. La nuova produzione Bravò si distingue per la pari distribuzione degli spazi assegnati ai protagonisti e per l’opportunità loro offerta di cambiare pelle entrando in più personaggi. Sicché, se i due storici lazzaroni che rispondono ai nomi di Dino Loiacono e Gianni Sardella sono gli unici a restare negli stessi panni dall’inizio alla fine, i bravi Renzo Deandri, Oronzo Di Landro, Pietro Genchi, Nicola Loiacono e Maria Poliseno (l’ordine è alfabetico) hanno agio – a parità di spazio – di mettere in mostra un’apprezzabile versatilità. Prevedibili applausi per quest’altro stock di gag, improvvisazioni e sapidi siparietti aperti sulla platea. Ma c’è di più. ‘Il Rifugio delle Stelle’ è anche un richiamo alla dignità. La terza età è quella che è, se non si recuperano i valori necessari, se non si crea il giusto clima per affrontarla, se non si ritrova il senso della dignità, la vecchiaia involve in tragedia collettiva, tanto per chi vive il declino in prima persona, quanto per chi vive indirettamente lo stesso declino per ragioni di lavoro o di famiglia. In alcuni momenti è percepibile come Loiacono abbia trasfuso nel testo un sentimento fortemente personale. E’ dura, durissima vedere un genitore, una madre languire. Ecco allora fra le righe del disegno drammaturgico del teatrante barese farsi largo, ma senza prepotenza, un’espressione d’amore filiale che tocca il cuore, quantunque accompagnata da una devastante sensazione d’impotenza.  E viene in mente Pasolini. Per tutta la vita quell’uomo straordinario rimase legato alla madre, avvinto da un amore di forza arcaica. Una forma di venerazione che ebbe dello straziante e che trovò voce in una lirica passata alla storia, ‘Supplica a mia madre’ : “È difficile dire con parole di figlio / ciò a cui nel cuore ben poco assomiglio. / Tu sei la sola al mondo che sa, del mio cuore… è dentro la tua grazia che nasce la mia angoscia. / Sei insostituibile…. il tuo amore è la mia schiavitù… Ti supplico, ah, ti supplico : non voler morire…”

Italo Interesse

 

 


Pubblicato il 7 Marzo 2019

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