Cultura e Spettacoli

Giuseppe vide troppo e allora…

L’11 marzo 1948 all’ospedale di Corleone moriva Giuseppe Letizia, un pastorello di dodici anni. Il giorno prima l’innocente mentre era al pascolo con le sue bestie era stato testimone dell’assassinio del sindacalista Placido Rizzotto ad opera di Luciano Liggio, luogotenente di Michele Navarra, capomafia di Corleone. Il povero Giuseppe tornò a casa sconvolto. Era così agitato che dovettero condurlo in ospedale. Lì, casualità o meno, venne visitato proprio da Navarra, che di quel complesso ospedaliero era massimo dirigente. Navarra cercò di far parlare il bambino. Quando vi fu riuscito, compreso il pericolo, gli somministrò un calmante. Il bambino morì poche ore dopo. Il medico che diagnosticò la morte, Ignazio Dell’Aira, parlò di avvelenamento. Fu il suo ultimo referto medico stilato in Italia. Pochi giorni dopo la morte del ragazzino Dell’Aira chiuse lo studio di Corleone ed emigrò in Australia…. Era durissima la vita dei pastorelli una volta. Inizialmente affidati ad un pastore più grande per apprendere l’arte (tutt’altro che facile) del gestire pecore e cani da guardia, mungere e ricavare i derivati del latte, i pastorelli dovevano dimenticare casa e scuola, abituarsi alle privazioni e alle asprezze di una vita condotta sempre all’addiaccio, senza trastulli, in solitudine. E al rientro a sera, in masseria, la ‘consolazione’ di un pezzo di pane e un pagliericcio su cui chiudere gli occhi. Cose della Sicilia più arcaica? No. Fino ai primi anni settanta la tratta dei pastorelli era la regola tra Altamura e Minervino. Provenienti dalle famiglie più povere, questi infelici, analfabeti e che non arrivavano alla pubertà, venivano assoldati in piazza, solitamente in agosto. Durata dell’inumano contratto: dodici mesi.  Alla famiglia del pastorello andava una modesta partita di derrate alimentari. Mentre al pastorello (che a questo punto diventava a casa una bocca in meno da sfamare) solo lavoro stremante, stenti, soprusi e quel tanto da mangiare che bastava per arrivare alla fatica del giorno dopo. Dov’erano i sindacati, dove l’Ispettorato del Lavoro, le forze dell’ordine, l’opinione pubblica, i mezzi d’informazione? Da qualche parte erano, impegnati (anche) a dimenticare miserie di questo tipo, funzionali alla ricchezza di pochi e a quella del relativo indotto, come si dice oggi. Poi, qualcuno di questi giovanissimi sventurati cominciò a ribellarsi. Non furono, le loro, denunce affidate al taccuino di un cronista o al microfono di un intervistatore. Semplicemente, qualcuno si appese ad una trave, morendo nello stesso silenzio in cui viveva. Solo allora gli ipocriti aprirono gli occhi e slegarono una lingua tardivamente pungente. E la piaga si richiuse. Ma, poveri imprenditori, come coprire il vuoto lasciato da unità di produzione così a buon mercato? Dice il proverbio: tutto arriva per chi sa aspettare… Un po’ di pazienza ed ecco gli extracomunitari. Un euro e cinquanta l’ora al marocchino di turno e passa la paura.

Italo Interesse

 


Pubblicato il 11 Marzo 2022

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