“Giustizia terremotata” senza alcun evento sismico
A Bari, pur non essendoci stato alcun sisma, la Giustizia è “terremotata”. Infatti, da ieri, alcuni processi penali ordinari sono e saranno celebrati sotto tre tensostrutture, montate sabato scorso dalla Protezione civile regionale nell’area recintata che circonda il Tribunale penale di via Nazariantz. Infatti, queste strutture precarie sono divenute le nuove Aule di giustizia baresi per le udienze di rinvio dei processi penali ordinari poiché, dopo la dichiarazione di inagibilità del Palagiustizia barese di via Nazariantz, da parte del Comune, operatori ed utenti delle Aule giudiziarie di quel Palazzo da stamattina sono stati spostati nelle tre tende (la più grande da 200mq e le altre due da 75mq) sotto le quali hanno avuto avvio le udienze. All’ingresso dell’area su cui è stata realizzata la tendopoli giudiziaria ci sono i bagni chimici, poi un totem con le indicazioni delle Aule d’udienza allestite sotto le tensostrutture montate sul parcheggio sterrato intorno al Palagiustizia pericolante, poi un gazebo giallo con i Carabinieri che fanno i controlli per accedere alle tende. La più grande, ossia quella da 200 mq, è dotata di un impianto per l’aria condizionata, mentre le altre due, ossia quelle da 75 mq l’una, non hanno condizionatori. “Non avremmo mai voluto celebrare una udienza sotto una tenda della Protezione civile” è scritto su un cartello all’ingresso del “camping giudiziario” a firma dei giudici presidenti delle sezioni penali, che nel prosieguo del messaggio hanno affermato: “Siamo vittime, tutti noi operatori della giustizia ed anche tutti i cittadini che del servizio giustizia fruiscono, non di un terremoto naturale ma di uno provocato dalla burocrazia e inefficienze”. Invece, gli avvocati baresi hanno dichiarato lo stato di agitazione permanente per le condizioni in cui sono costretti a svolgere la propria professione nelle aule di “fortuna” messe su dalla Protezione civile, oltre che per tutti gli altri disagi provocati dall’inagibilità, non certo improvvisa dell’edificio in cui in precedenza era ospitato il Tribunale penale del capoluogo. Inoltre, dopo una lunga e animata assemblea dei penalisti che si è svolta sotto una delle tre tende, gli avvocati hanno deliberato “all’unanimità la richiesta a tutte le Autorità competenti di una sede unitaria che possa accogliere tutti gli Uffici giudiziari penali, anche se comunque provvisoria – ha sottolineato il presidente della Camera Penale di Bari, Gaetano Sassanelli – in attesa della realizzazione della soluzione definitiva del polo della Giustizia”. Gli avvocati si sono espressi contro la paventata ipotesi di un decreto governativo di sospensione dei termini processuali e di prescrizione. “Il cittadino che aspetta giustizia non può pagare per le inefficienze della politica” ha detto il presidente dell’Ordine forense barese, Giovanni Stefanì. Mentre il noto penalista Francesco Paolo Sisto, che è deputato di Forza Italia, ha affermato: Gli avvocati e i cittadini baresi subiscono oggi un affronto per fatto altrui. Se avessimo avuto un Emiliano e un Decaro in meno, oggi la Cittadella della Giustizia sarebbe realtà e anziché sotto le tende infuocate, potremmo esercitare la nostra professione in un ampio e dignitoso palazzo”. Nella mattinata di oggi (ndr – ieri, per chi legge martedì), a Maglie (Le), il vicepresidente del Csm, Giovanni Legnini rispondendo ai giornalisti sull’emergenza del Palagiustizia di Bari, aveva preannunciato: “verificherò a Bari la situazione con i Capi degli uffici giudiziari e i rappresentati delle Istituzioni. Io rispetto le decisioni delle Istituzioni ma di certo le tende non possono essere una soluzione per svolgere udienze né altra attività”. E poiché era in programma che nel primo pomeriggio il vicepresidente dell’Organo di autogoverno dei giudici si sarebbe spostato a Bari, Legnini ha poi aggiunto: “Oggi mi aspetto che si individuino soluzioni che peraltro so essere state già in parte esaminate per provvedere ad una sistemazione dignitosa. E’una situazione d’emergenza eccezionale e va risolta specie perché riguarda una realtà così importante, con una magistratura impegnata in prima linea anche al contrasto della criminalità organizzata. Le tende ripeto non possono essere una soluzione, la soluzione è un’altra, l’utilizzo delle tende va circoscritto a pochissime settimane”. Ad un giornalista che gli ha chiesto se decisioni di questo genere non fossero da Paese incivile, Legnini ha risposto: “Se questa situazione dovesse perdurare nel tempo, sì”. Alla fine delle udienze tenutesi sotto le tende, magistrati, avvocati e personale amministrativo hanno marciato insieme, in un corteo silenzioso con le toghe sul braccio, dalla tendopoli di via Nazariantz al Palazzo di Giustizia di piazza Enrico De Nicola, dove nel primo pomeriggio si è poi svolto l’incontro con il vicepresidente del Csm Legnini, la responsabile reggente del Dipartimento per l’organizzazione giudiziaria del Ministero, Barbara Fabbrini, e tutte le istituzioni locali interessate alla problematica, quali il Comune e la Prefettura di Bari, oltre – ovviamente -a magistrati ed avvocati. All’incontro sono state affrontate le questioni relative all’imminente trasloco nelle sedi già individuate di Modugno e via Brigata Bari (non lontano dall’attuale Palagiustizia di via Nazariantz), la richiesta di una dichiarazione formale di stato d’emergenza e la ricerca di una soluzione più duratura che “restituisca dignità – ha detto Fabbrini – all’esercizio dell’attività giudiziaria in questa città”. Infatti, la soluzione a questa Giustizia da campo, che secondo il Presidente della Corte di Appello di Bari, Franco Cassano, potrà durare solo alcuni mesi e sarà, a partire dai prossimi giorni, il trasferimento nelle ex sedi giudiziarie distaccate di Modugno e Bitonto per gli Uffici e le aule del Tribunale penale, mentre in un edificio in via Brigata Bari per la Procura. “Non possiamo sopportare l’idea – ha detto Cassano intervenendo all’incontro con il vicepresidente del Csm – che la condizione di lavoro peggiori perchè ristretta in spazi ancora più angusti”. I decreti del Ministero sono già arrivati: le due sedi sono disponibili, e va avanti intanto la ricerca di mercato per trovare un immobile che possa accogliere tutta l’attività penale. Ed anche questa sarà, secondo il Capo della Corte d’Appello, una soluzione “ponte”, in attesa che si realizzi il polo unico della Giustizia barese nell’area delle cosiddette Casermette, al quartiere barese di Carrassi. In definitiva, ancora per qualche giorno, giudici e avvocati dovrebbero celebrare i processi penali nelle tende, tra fogli stampati ad indicare le aule, bagni chimici, gazebo per i controlli e le temperature che salgono sotto la plastica dei teloni. “Siamo come un ospedale con solo il pronto soccorso aperto e tutti i reparti chiusi” ha commentato il procuratore di Bari, Giuseppe Volpe. Insomma, l’annoso “problema” dell’edilizia giudiziaria nel capoluogo, presentatosi già a metà degli anni Ottanta del secolo scorso, quando si ravvisarono le prime necessità di realizzare un secondo Palazzo di Giustizia, è giunta ora al suo culmine di assurdità ed inadeguatezze. Infatti, l’amministrazione della Giustizia a Bari è finita, sia pur temporaneamente e per indifferibili ragioni di necessità, sotto le tende senza che si sia verificato alcun evento sismico. E dire che, dei trent’anni trascorsi senza risolvere adeguatamente e definitivamente il problema, ben dieci sono stati quelli in cui al vertice dell’Amministrazione comunale c’è stato un Primo cittadino di professione magistrato ed in quanto tale era stato, prima di trasferirsi nel Palazzo comunale di corso Vittorio Emanuele, per oltre un decennio anche “inquilino” del Palazzo di via Nazariantz ora inagibile. E che, quindi, conosceva forse bene le necessità e difficoltà in cui già all’epoca operava la “macchina” giudiziaria barese. E pure paradossale in questa quasi grottesca “vicenda” è che alla fine il problema potrebbe trovare una via d’uscita con la realizzazione di un’altra “Cittadella della giustizia”, sia pur differente, da quella tanto osteggiata come soluzione proprio da un Sindaco magistrato in aspettativa. Soluzione che, se attuata a suo tempo, sicuramente non avrebbe ridotto all’attuale rango di accampati gli operatori giudiziari del capoluogo.
Giuseppe Palella
Pubblicato il 29 Maggio 2018