Cultura e Spettacoli

Gli avi di Santa Croce

Il pezzo più pregiato del Museo Civico Archeologico di Bisceglie è una stuoia in fibre vegetali perfettamente conservata che risale a circa 6500 anni fa. Il manufatto, di forma ovoidale e con assi di 60 e 45 cm., presenta un intreccio (a spirale a base semplice) dello stesso tipo ancora in uso oggi. La presenza di manici e l’assenza di ‘pareti’ fanno pensare più ad una borsa floscia per il trasporto di derrate alimentari che ad una cesta. Il reperto, al presente ritenuto il manufatto a intreccio più antico d’Italia, è stato rinvenuto negli anni novanta all’interno della grotta di Santa Croce, che si apre lungo un fianco dell’omonima Lama nel territorio di Bisceglie. La scoperta eccita la fantasia. Quale lo scenario umano e floro-faunistico di questo sito  quattro millenni prima della nascita di Cristo? La presenza su una parete di un gruppo di figure dipinte in rosso fa pensare a una comunità dedita ad un qualche culto, incluso quello dei defunti (come presumibile dalla presenza sul territorio di tanti dolmen ed altrettante necropoli). Frammenti di ceramica a diverso tipo di decorazione e appartenenti a periodi diversi confermano una prolungata continuità insediativa in loco. L’esame dei resti vegetali evidenzia la prevalenza dei cereali e tra questi soprattutto del grano rispetto all’orzo. La presenza di altre graminacee (Avena, Setaria, Panicum, Bromus) e di alcune piante infestanti (Chenopodium, Vicia, Melilotus) dimostra come i frequentatori di Santa Croce fossero agricoltori capaci, al punto da diversificare le coltivazioni, evitando l’inconveniente di monocolture inermi dinanzi ad avversità climatiche o all’azione di batteri. La presenza  di resti di vite selvatica, poi, indica umidità all’interno della lama, condizione che prefigura una vegetazione folta e diversificata. A Santa Croce, insomma, si poteva disporre di acqua e di una riserva di caccia per animali di piccola taglia. Il che consentiva ad un centinaio di persone sufficientemente evolute di vivere in condizioni di relativa sicurezza e indipendenza. Tale prosperità era anche conseguenza di un’alimentazione variegata. Nell’ipogeo sono stati ritrovati resti di Equus Caballus, Dicerorhinus Mercki (rinoceronte) e Leo Spelaeus (leone). I primitivi di Santa Croce, dunque, erano anche abili cacciatori, esperti nell’arte del tendere trappole. La presenza di queste creature, tra l’altro, è indicativa di un clima caldo e di un ambiente a tendenza arida, sulla falsariga delle attuali savane e con scarsa vegetazione di alto fusto ; e tanto non dovette una rudimentale forma di agricoltura. La stuoia rinvenuta, in conclusione, ci dice che questi nostri progenitori erano pure discreti artigiani e che trovavano convenienza a spostarsi, a recare con sé armi, utensili e merci da barattare con altre comunità distanti anche venti chilometri, distanza stimata sufficiente per andare e tornare con la luce del sole.
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Pubblicato il 23 Marzo 2011

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