Cronaca

Gli irriconoscibili litorali pugliesi

Ieri ci occupavamo della perduta ansa di Marisabella, sparita per fare posto all’omonima, squallida ‘colmata’. E qualche giorno prima si rifletteva sulla devastazione in atto a danno degli ultimi scampoli di natura  a  Fesca – San Girolamo : quegli scogli che madre natura ha impiegato milioni d’anni per modellare e che in questi giorni vanno inesorabilmente scomparendo sommersi da migliaia di metri cubi di terriccio. Quanto nel barese è rimasto di vergine in riva al mare? Stringe il cuore pensare che da Barletta a San Giorgio, malgrado la crisi dell’edilizia, è un continuum di centri abitati, stabilimenti balneari, campeggi e villette a schiera. E quanto in Puglia è rimasto di vergine in riva al mare? Poco più della metà dei suoi circa 800 km di costa. Ma guardando con più attenzione, le cose stanno messe anche peggio. Alcune spiagge che sembrano star lì da sempre sono invece il risultato dell’azione della natura successiva all’intervento dell’uomo. In altre parole, si bonifica un’area paludosa, per esempio, poi la terra trasportata dal vento fa attecchire i primi cespugli, il moto ondoso deposita sabbia e alghe sulla linea del bagnasciuga e la fisionomia della ‘nuova’ costa ritrova un che di naturale. Ma si può fare anche di peggio che cancellare calette e micro fiordi : si può giungere a cancellare intere isole.  C’era una volta in quel delle Cheradi, l’arcipelago antistante Taranto, ‘u squegghie’, cioè lo scoglio, detto anche San Nicolicchio, un isolotto di circa un ettaro dove anticamente sorgeva una badia di rito greco dedicata a San Nicola. Quell’isola è scomparsa nel corso dei lavori di allargamento del porto mercantile. In altri termini, siccome la nuova banchina si spingeva a ridosso di San Nicolicchio, che a questo punto diventava un pericolo per la navigazione, si decise di inglobare lo scoglio nella penisoletta artificiale. E non è quello di San Nicolicchio l’unico neo di questo genere. Ce n’è un altro, persino più vistoso e all’interno dello stesso arcipelago. Per ragioni di sicurezza militare una lunghissima striscia di pietrisco unisce l’isola di San Pietro a quella di San Paolo e prosegue dall’una all’altra parte sino a chiudere in un abbraccio semicircolare l’accesso al porto (naturalmente questa muraglia prevede varchi di accesso). Ma non si parli di scempio ambientale con i militari i quali ritengono che avendo imposto sulle Cheradi il divieto di approdo e sbarco hanno creato le condizioni perché le suddette isole ritornassero i paradisi floro faunistici che erano in passato. E’ vero, San Pietro e San Paolo sono ora il rifugio di barbagianni, quaglie, beccacce, gheppi, cormorani… Ma quanto stonano in mezzo al rigoglio di lecci, querce e platani i resti delle installazioni di artiglieria marina e contraerea risalenti all’ultima guerra.

Italo Interesse

 

 


Pubblicato il 15 Gennaio 2016

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