Cultura e Spettacoli

I Bronzi di Brindisi

Si parla poco dei ‘Bronzi di Brindisi’, ospitati nel Museo Archeologico Provinciale ‘Ribezzo’. Si tratta di preziosi reperti del III sec. d.C. rinvenuti in un’area di 330 mq che si allarga a 16 m. di profondità a 400 m. di distanza da Punta del Serrone, una piccola estremità appena a nord dell’imboccatura portuale. Le due statue, raccolte nel 1992, raffigurano Lucio Emilio Paolo, il console romano che nel 168 a.C. trionfò nella guerra di Macedonia, e un civis romanus nelle vesti di togato. Corredano lo straordinario rinvenimento frammenti di altre statue : due teste di personaggi con barba fluente, che riprendono il tipo figurativo del filosofo, databili fra il IV e il III sec. a.C.; due teste-ritratto di personaggi maschili di età imperiale romana, la prima  appartenente alla famiglia Giulio-Claudia dei primi decenni del I sec. d.C., mentre l’altra presenta forti somiglianze con l’imperatore Caracalla ; due immagini femminili del III-IV sec. d.C. ; un’ala pertinente ad una statua celebrativa di chissà quale vittoria ; numerosi frammenti di arti inferiori e superiori ; avanzi di panneggi. Come spiegare tanti frammenti? Un naufragio può, sì, fare a pezzi un carico di statue in bronzo, ma fino a un certo punto. Questo particolare, unito alla singolare eterogeneità del carico dal punto di vista cronologico, ha portato gli studiosi alla conclusione che quel carico non era destinato alla casa di nessun patrizio, bensì ad una qualche fonderia. In altre parole, il carico era composto da statue già frammentate e da frammenti di altre statue. Insomma, ferraglia ricavata facendo a pezzi merce finita fuori mercato e il cui valore non andava oltre quello della materia prima, da recuperare gettando tutto nella prima fornace. Un carico piuttosto pesante che finì col mettere in difficoltà la nave che lo trasportava, appena il mare si ingrossò. Quella nave andò a fondo o, piuttosto, i marinai per salvare pelle e imbarcazione alleggerirono quest’ultima del carico? Gli esperti sostengono che se ci fu naufragio, questo non avvenne a Punta del Serrone. Diversamente in quell’area si sarebbe trovato qualcosa di più di uno scandaglio, di una piccola ancora in pietra e di lamine di piombo del tipo utilizzato per rivestire le chiglie. In quel braccio di mare, particolarmente sfortunato per la navigazione a causa di correnti insidiose, secche e l’improvviso formarsi di trombe d’aria, sono affondate moltissime navi nell’antichità (di contro, osservano altri, i relitti adagiati a bassa profondità sono particolarmente soggetti al logorio del moto ondoso, oltre che all’azione della teredine, mollusco xilofago che attacca in profondità il legno…). Quanto, infine, alla provenienza di carico e nave, si esclude Brindisi. Avrebbe mai potuto un’imbarcazione tanto appesantita abbandonare un porto col mare agitato? E’ perciò più ragionevole pensare che essa, proveniente da qualche remota provincia dell’Impero, risalisse l’Adriatico diretta verso vai a sapere quale altro porto. Sorpresa dalla tempesta a Punta del Serrone, la nave si liberò del carico e proseguì. Forse naufragò ugualmente, ma più avanti. O forse tornò indietro per trovare rifugio nel porto di Brindisi.

Italo Interesse

 

 


Pubblicato il 23 Maggio 2015

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