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I consiglieri ormai pensano solo a se stessi e alle elezioni, dimenticando i problemi dei pugliesi

Oggi la giunta Emiliano dovrebbe approvare un ddl di adeguamento dello Statuto e della legge elettorale alla quasi certa riduzione dei seggi da 50 a 40, imposta dalla "legge Monti" del 2012, per la diminuzione del numero di abitanti

Il vertice di maggioranza svoltosi ieri pomeriggio a Bari e al quale ha preso parte il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, si è concluso con un nulla di fatto sulle richieste portate avanti dai gruppi civici di “Con” e “Per la Puglia”, che vorrebbero sia l’introduzione, a costi invariati, del consigliere supplente da subentrare in via precaria al posto di quello nominato assessore, sia una modifica nel criterio di calcolo dello sbarramento al 4%, attualmente calcolato sui voti ottenuti dal candidato presidente, mentre la richiesta sarebbe di calcolarlo sulla somma complessiva dei voti di lista. Infatti, generalmente i voti conseguiti dal candidato presidente eletto sono maggiori rispetto alla sommatoria dei voti di lista, per via della possibilità del voto disgiunto, per cui la soglia del 4% di fatto diventa più elevata di quella che si otterrebbe se fosse calcolata sul totale dei voti di lista. Invece, un accordo all’interno della maggioranza (e tra questa e l’opposizione di centrodestra) è stato forse trovato sulle modifiche da apportare allo Statuto regionale nel caso in cui il numero dei consiglieri regionali dalla prossima legislatura passasse da 50 a 40, come previsto dalla “legge Monti” del 2012 per le regioni con meno di 4 milioni di abitanti e che però una proposta di legge deposita in Parlamento da Forza Italia vorrebbe emendare. Pertanto il governatore Emiliano ha deciso di fare approvare dalla Giunta regionale, nella seduta di oggi, un disegno di legge che apporta due modifiche. Una allo Statuto nella parte in cui il numero dei consiglieri regionali previsti dalla prossima legislatura passi da 50 a 40 ed una alla legge elettorale unicamente nella parte in cui ricalcola i seggi spettanti a maggioranza e opposizione, partendo da un equilibrio che vedrebbe l’assegnazione di 22 seggi alla coalizione vincente, oltre a quello all’eletto presidente ovviamente, e 18 seggi alle forze di opposizioni, compreso il candidato presidente sconfitto, piazzatosi secondo. Un equilibrio, quello innanzi accennato, che dipenderebbe anche dal risultato ottenuto dalle coalizioni nelle urne, poiché una vittoria della coalizione di maggioranza con un divario schiacciante sul fronte delle opposizioni (forse oltre il 55 o 60 per cento dei voti validi) comporterebbe anche un aumento nel divario dei seggi tra maggioranza ed opposizione. Il disegno di legge che la giunta Emiliano si appresta a varare oggi mira a superare l’impasse creatosi all’interno della maggioranza sulla legge elettorale ed evitare, quindi, ritardi che possano complicare il processo obbligato di adeguamento della stessa nel caso in cui l’Assemblea pugliese subisse il taglio da 50 a 40 consiglieri. Infatti, alla luce delle norme attuali le anzidette modifiche si rendono necessarie, per effetto del decreto legge n.138 del novembre 2011 (e convertito in legge a gennaio del 2012), che stabilisce il numero di consiglieri regionali in proporzione agli abitanti della regione. La Puglia, come è noto, nell’ultimo censimento è scesa sotto la soglia dei 4 milioni di residenti, motivo per il quale deve subire il decremento di seggi da 50 a 40. Fatto salvo un intervento in extremis del Parlamento che, approvando per tempo il disegno di legge depositato da Forza Italia e che introduce una soglia di tolleranza del 5% al tetto dei 4 milioni di abitanti, potrebbe evitare il previsto taglio del numero di eletti nell’aula barese di via Gentile. Invece, per quanto riguarda la modifica alla norma elettorale per la candidatura dei sindaci pugliesi, introdotta all’interno della legge di Bilancio  dello 18 dicembre scorso, ossia quella che prevede le dimissioni di almeno 180 prima del voto per i Primi cittadini pugliesi che vogliono candidarsi alla Regione, la situazione resta immutata, poiché non sarebbe stato ancora trovato un accordo all’interno della maggioranza regionale tra il Pd, che vorrebbe ripristinare la situazione precedente, ovvero le dimissioni dei sindaci all’atto di accettazione della candidatura alla Regione, e quelli che invece vorrebbero un arco temporale maggiore per dette dimissioni. Non è da escludere che alla fine, siccome tale norma è stata oggetto di eccezione di incostituzionalità da parte del governo Meloni e che la discussione innanzi alla Consulta è prevista per luglio prossimo, non si procederà ad effettuare ad alcun abbassamento del termine già fissato e si attenderà al riguardo la decisione della Corte costituzionale. Sta di fatto, però, che da mesi ormai il Consiglio regionale pugliese è imballato su problematiche riguardanti l’autoreferenzialità della casta politica, dimenticando o ritardando la discussione di quelle riguardanti la collettività e quindi i cittadini. Nonostante ciò, c’è chi all’interno della stessa casta politica spera anche in un allungamento della legislatura regionale in corso, con lo spostamento, da parte del governo Meloni, delle elezioni di rinnovo del Consiglio regionale alla primavera prossima. In modo da recuperare circa sei-sette mesi in più di stipendio rispetto alla scadenza naturale del prossimo settembre. Ma questo è un altro discorso.

Giuseppe Palella

 


Pubblicato il 13 Maggio 2025

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