Cultura e Spettacoli

I giochi di ieri, i sempreverde

Nella città vecchia come nella città nuova, inclusa quella periferica, non si vedono più bambini passare il tempo divertendosi per strada. Così a Bari, così altrove. Un segno dei tempi. Le vie sono diventate insicure. Di affidabili restano solo i giardini, almeno fino a quando genitori seduti in panchina vigilano attentissimi sui loro piccoli. L’ultimo rifugio allora è rappresentato dagli spazi condominiali, ove esistenti. All’interno di questi spazi, talvolta avvolti dal verde, micro comunità stanziali composte da bimbi e ragazzi possono darsi convegno in sicurezza. Questi pochi e privilegiati minori, di fatto rinchiusi come pellerossa all’interno di riserve, rappresentano un surrogato delle antiche frotte vocianti di ieri, libere di muoversi a piacimento, anche al prezzo di qualche monelleria. Le dolenti note non si fermano qui, giacché se ci si domanda come questi minori socializzano, spiace constatare che tendenzialmente essi oziano e tacciono, ciascuno immerso nel mondo virtuale del proprio telefonino. Ma l’essere umano, cucciolo o adulto che sia, resta imprevedibile. Sicché, dal momento che tutto può essere, ecco a sorpresa fare cucù la ripulsa del display. Allora, sia pure episodicamente, ci si ricorda del prossimo, riemerge la voglia di dialogare, di relazionarsi e, udite udite, persino quella di giocare. E’ il momento delle sorprese, del riemergere dal dimenticatoio di svaghi lontanissimi, elementari, sani e formativi. Fa specie nel mondo di whatsapp scorgere piccoli che all’aperto si sfidano a ruba-bandiera, alla campana, a palla prigioniera… E se piove o il sole picchia forte? Al sicuro di porticati e androni, ripiegano su fuoco-fuochino, i quattro cantoni, è arrivato un bastimento carico di… Sono cose che accadono, è incredibile, di rado d’accordo, ma accadono ancora. Come spiegare questa resistenza di uno spirito ludico che in nemmeno cinquant’anni ha assunto un colore anacronistico? Forse la spiegazione sta nel fatto che nonostante la glassa algida e spersonalizzante con cui li intossica la società di oggi, i bambini non hanno del tutto smarrito sé stessi. Bambini che giocano a un-due-tre-stella, a mosca cieca o a strega-comanda-colore sono schegge di un mondo che non vuole morire. Sono schegge di speranza. Viene in mente Giuseppe Povia, il cantautore e blogger milanese, vincitore a Sanremo nel 2006. Povia è personaggio discutibile, nondimeno ha scritto una canzone bellissima : ‘I bambini fanno oh’. E’ vero, quando i bambini fanno oh, è una meraviglia. Mentre i grandi sanno solo fare ‘no’. Un poco dovremmo vergognarci d’aver smesso di fare oh. Ma possiamo rimediare tornando a fare oh.

Italo Interesse

 


Pubblicato il 8 Settembre 2017

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