I gioielli che fanno gola
Il tesoro della corona inglese è protetto da vetri a prova di bomba, da più di cento telecamere a circuito chiuso e da un distaccamento dell’esercito
Abbiamo tutti negli occhi lo sfarzo dell’incoronazione di Carlo III. Al centro di tanta ostentazione di potere, di gloria e ricchezza erano i gioielli della Corona. Si calcola che il valore di questa collezione di corone, scettri, globi, spade, anelli, paramenti sacri e oggetti cerimoniali oscilli fra i tre e i sei miliardi di sterline, a volersi fermare solo al valore dei metalli preziosi e delle gemme. Di fatto, parliamo di un tesoro inestimabile per la qualità dell’arte orafa messa in campo e per il carisma che questi monili sprigionano (alcuni di essi risalgono al XIII secolo). Vuoi allora che qualcuno non abbia accarezzato l’idea del più grande colpo della Storia ? Fino ad ora solo cineasti e romanzieri si sono dedicati al tema, mai seriamente preso in considerazione da alcuna organizzazione criminale, vista l’imponenza delle misure di sicurezza a cui è sottoposto il tesoro della Corona britannica. Inizialmente conservati presso l’abbazia di Westminster, nel 1303 i gioielli reali vennero trasferiti nella Torre di Londra. Attualmente sono sotto chiave nella Jewel House, una parte del Waterloo Block (l’ex caserma della Torre di Londra) ; i gioielli sono protetti da vetri a prova di bomba e i visitatori sono controllati da più di cento telecamere nascoste a circuito chiuso e da un distaccamento dell’esercito. In passato però le misure di sicurezza non erano così rigide. Il 9 maggio 1671 una banda di quattro uomini capeggiata da Thomas Blood osò il colpaccio. All’epoca il tesoro reale poteva essere guardato e persino toccato da chiunque avesse pagato un biglietto d’ingresso. A custodirlo era un solo guardiano, il 77enne Talbot Edwards, il quale con una leggerezza che oggi potremmo giudicare irresponsabile (ma si consideri che all’epoca i gioielli della Corona erano considerati sacri da qualunque suddito), prendeva i pezzi da un mobile protetto da una griglia e consentiva ai visitatori di tenerli in mano. Per Blood e compagni fu quasi un gioco neutralizzare il pover’uomo e impossessarsi di numerosi pezzi. Non la fecero franca, tuttavia. La refurtiva fu interamente recuperata, sebbene malconcia : il ladri avevano cercato di ‘ridurla’ per insaccarla più facilmente ; ad esempio la corona era stata schiacciata con un martello. E nel 1815 una squilibrata riuscì attraverso la cancellata a prendere la corona di Sato e a morderla. A parte il caso Blood la collezione Windsor non ha mai subito furti. Al più si può prendere in considerazione l’impresa, se così la vogliamo chiamare, compiuta il 26 febbraio 1994 da Renato Rinino, un ladro di Savona altrimenti noto come il Lupin della Riviera e non nuovo a imprese mirabolanti. Rinino riuscì ad introdursi nell’appartamento privato (la villa di St. James Palace a Londra) di Carlo, allora ancora Principe di Galles, rubando diversi oggetti preziosi tra cui alcuni gioielli della corona in quel momento in possesso del futuro Re (il valore delle cose non fu mai accertato, ma le stime vanno dai 25mila ai 75mila euro).
Italo Interesse
Pubblicato il 9 Maggio 2023