Cultura e Spettacoli

I portafortuna di Pozzo

 

Il 2 marzo 1886, a Torino, nasceva Vittorio Pozzo, personaggio passato alla storia per essere stato il commissario tecnico della nazionale italiana più vincente della storia del calcio: due edizioni del campionato del mondo, le Olimpiadi del 1936 e due Coppe Internazionali (competizione precorritrice del campionato europeo per nazioni). La chiave del successo professionale di Pozzo va ricercata più nella qualità dell’uomo che dello stratega da rettangolo verde. In ‘Pozzo, Meazza e Piola. L’Italia a misura d’uomo’, un articolo pubblicato su ‘Repubblica’ il 7 luglio 2006 Giorgio Bocca ricorda Pozzo come “un tipo di alpino e salesiano… un piemontese risorgimentale ciecamente convinto delle virtù piemontesi. Uno di quelli per cui la parola sacra è ‘ël travai’”. Tanto rigore è certamente figlio degli anni vissuti durante la Grande Guerra, cui Pozzo prese parte come tenente degli Alpini. Segnato profondamente da quell’esperienza, ne trasse un’inclinazione al rigore morale, alla modestia e all’essenzialità spartana della vita di trincea che applicò costantemente nei rapporti umani e nella professione sportiva. Amava preparare spiritualmente i giocatori agli incontri ricordando loro la battaglia del Piave e si diceva che facesse cantar loro le canzoni di guerra degli alpini durante i ritiri, dei quali periodi di isolamento in preparazione di un incontro fu il primo allenatore a fare uso sistematico. Le sedi scelte normalmente erano residenze molto essenziali, in omaggio allo stile militaresco del CT, che però era anche un maestro nel creare spirito di gruppo e nel cementare i rapporti personali, prevenendo malumori e lacerazioni nello spogliatoio. Nello stesso articolo di cui sopra Giorgio Bocca si esprime così: «Il commissario unico era un ufficiale degli alpini e un fascista di regime. Vale a dire uno che apprezzava i treni in orario ma non sopportava gli squadrismi, che rendeva omaggio al monumento degli alpini ma non ai sacrari fascisti.» Gianpaolo Ormezzano, autore di ‘Il calcio: una storia mondiale’, Longanesi’ Milano 1989, scrive che Vittorio Pozzo “: “Era riuscito a gestire la nazionale, che pure il regime voleva usare come strumento di propaganda, tenendola abbastanza lontano dalle pressioni e dalle tresche dei gerarchi… Pozzo non fu mai antifascista, né mai pretese di esserlo, ma non fu nemmeno banditore troppo strumentalizzato dal potere… Forse quello fu l’unico modo per evitare che la sua squadra diventasse la Nazionale di Mussolini”.  Unica debolezza di quest’uomo: i portafortuna. Pozzo ne aveva due, da cui non si separava mai. Il primo era una scheggia della Coppa Internazionale vinta a Budapest l’11 maggio 1930 battendo sul proprio terreno la quotatissima Ungheria. travolgendola per 5-0. Avvenne che il trofeo cadesse per terra. Essendo interamente in cristallo di Boemia, si ruppe in mille pezzi… Il secondo portafortuna era un biglietto di viaggio per l’Inghilterra, dono di un famigliare, che Pozzo non utilizzò mai. – Nell’immagine, Pozzo con Silvio Piola poco prima di un incontro.

 

Italo Interesse

 


Pubblicato il 2 Marzo 2022

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