Cultura e Spettacoli

I prigionieri di Silvium

Fra il 455 e il 456, al comando di Genserico, i Vandali calarono nel Mezzogiorno devastando in particolar modo la Puglia. Sbarcati forse all’altezza della futura Bari, si divisero in due colonne : la prima si diresse verso Silvium, l’attuale Gravina, la seconda verso Celiae (Ceglie del Campo), Norba (Conversano), Egnazia ed oltre. Silvium fu la città che patì il danno maggiore : si salvarono solo quelli che ebbero il tempo di rifugiarsi nelle grotte del vicino burrone. I Vandali non si limitarono a saccheggi e ruberie. Fecero schiavi gli uomini validi, i giovani e i ragazzi d’ambo i sessi. Quanti abitanti di Silvium si ritrovarono in catene? In ‘Gente del Sud’ (Laterza, 1959) Michele Viterbo parla di “cinquemila” persone, come “si ricava dagli storici”. Quali storici? Il compianto studioso barese non specifica. La cifra pare esagerata. Negli anni del declino di Roma, l’Impero si era spopolato. Al di fuori di Roma, i maggiori centri non superavano le tre, quattromila anime. Se i Vandali rapirono cinquemila abitanti, è segno che, tra gente morta combattendo e gente messasi in fuga o al sicuro nei vicini nascondigli che il territorio offriva, a Silvium vivevano quasi diecimila anime. Una cosa impensabile. Le dimensioni dell’area archeologica di Botromagno (nome del rilievo su cui ebbe sviluppo Silvium) non giustificano tanta popolazione. E poi, come gestire cinquemila prigionieri? Già custodirli e condurli verso il più vicino porto adriatico significava distrarre dall’esercito non meno di cinquecento guerrieri. Cinquemila prigionieri vanno anche nutriti, seppure alla men peggio. Disponeva Genserico di navi a sufficienza per trasferire (chissà dove) quella moltitudine? Se i Vandali fecero preda anche altrove avrebbero avuto bisogno di una flotta supplementare. A meno di immaginare che in un territorio povero di risorse alimentari quei poveri prigionieri rappresentassero una riserva di cibo (gentaglia come i Vandali doveva farsi scrupolo di darsi al cannibalismo?), la cifra riportata dagli innominati storici da cui Viterbo attinse va ampiamente ridimensionata. Cinquecento prigionieri sembra cifra più ragionevole. Michele Viterbo riporta un abbaglio o un’esagerazione? Se persino la documentatissima Storia contemporanea non è esente da questi limiti, figuriamoci in passato quando si scriveva per sentito dire. Nel passaparola le cose tendono a gonfiarsi. Chi narra gongola nel sapersi destinato all’ascolto, perciò tende – e in qualche modo ciò avviene ancora oggi – a soddisfare la predisposizione alla meraviglia in chi ascolta. Se poi c’è da screditare qualcuno ed esaltare il suo vittorioso avversario, allora enfasi, omissioni, accomodamenti e bugie evolvono in ‘necessità’. Ma quali cinquemila prigionieri a Silvium.

Italo Interesse

 


Pubblicato il 25 Maggio 2018

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